I rifugi e la protezione antiaerea

Scheda

Dopo i primi bombardamenti alleati sulla città, l'Amministrazione comunale si adopera ad accrescere il numero dei rifugi antiaerei, investendo quasi tutto il denaro disponibile nella costruzione di ricoveri in galleria.
Saranno 25 alla fine della guerra, la maggior parte scavati sotto le colline, altri sotto i principali rilievi centrali, come la Montagnola, il monumento a Carducci, il Guasto dei Bentivoglio.
I rifugi anticrollo in galleria diventano spesso alloggi permanenti per anziani e sinistrati: "Brandine, pagliericci, piccoli mobili salvati dalle macerie, suppellettili consunte dall'uso, immagini di santi contrassegnano i miseri acquartieramenti di intere famiglie" (Vianelli). I segnali di allarme o di limitato pericolo sono lanciati con le sirene da un'unica centrale situata in un primo tempo nel palazzo del Comando dell'esercito in via Galliera, in seguito sotto la torre coronata in via S. Alò. Un servizio di avvistamento e segnalazione delle zone colpite è organizzato sulla cima della torre Asinelli dall'ingegnere Luigi Marmocchi, con l'aiuto di alcuni volonterosi tecnici comunali.
Il soccorso alla popolazione dopo le incursioni è affidato all'U.N.P.A. (Unione Nazionale Protezione Antiaerea, costituita nel 1934) e ai Vigili del Fuoco, mentre lo sgombero delle macerie è compito del Genio Civile. I dispositivi di salvaguardia dei singoli palazzi sono sotto il controllo di un capo fabbricato, fiduciario nominato dal Partito Nazionale Fascista e dall’U.N.P.A. Egli si cura della chiusura delle porte dalle 23 alle 6 del mattino, salvo socchiuderle in caso di allarme aereo. Sono di sua competenza le condizioni igieniche e di sicurezza dei rifugi. Cura inoltre che tutti gli abitanti del caseggiato siano al riparo durante i bombardamenti.

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