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I capolavori in ferro battuto di Emilio Prazio

1 Gennaio 1922

Schede

Diplomatosi nel 1922 al Regio Istituto d'Arte di Torino, il siracusano Emilio Prazio (1897-1977) si trasferisce lo stesso anno a Bologna. Qui frequenta la Regia Accademia di Belle Arti e, dopo la morte di Sante Mingazzi, uno degli artigiani protagonisti dell'Aemilia Ars, è chiamato dalle figlie a dirigere la sua officina specializzata in ferri battuti.
Prazio diventerà uno degli artefici più apprezzati in Italia in questa tecnica nel periodo tra le due guerre, producendo arredi e sculture piene di vita e di espressione poetica, in uno stile di sapore quasi Deco (Sega).
I suoi lavori saranno spesso esposti in mostre e collocati in luoghi pubblici, come l'Accademia militare di Modena, il cimitero della Certosa e la Cassa Nazionale dei Ferrovieri.
Amico dell'architetto piacentino Giulio Ulisse Arata, collaborerà tra l'altro per l'arredo della Casa del Fascio di via Manzoni, producendo per essa una ventina di lanterne e lampade di alto artigianato.
Capo d'arte presso la regia Scuola per le Industrie Artistiche, Prazio rimarrà a Bologna fino al 1933, per poi far ritorno nella natia Siracusa.

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