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Gioacchino Rossini e Bologna

1802 | 1868

Schede

“In Bologna ho trovato ospitalità, amicizia. Bologna è la mia seconda patria ed io mi glorio di essere, se non per nascita, per adozione, suo figlio”. Così si esprimeva in una lettera lo stesso Gioacchino Rossini (Pesaro, 1792 - Parigi, 1868) nei confronti della città che già all’inizio dell’Ottocento lo aveva accolto dopo che il padre, fervente sostenitore della Rivoluzione Francese, vi era riparato nel tentativo di sfuggire alla cattura da parte delle truppe dello stato pontificio. Nato a Pesaro nel 1792, nella nostra città trascorse gran parte della giovinezza e della vita: giunto verso la fine del 1804, studiò al Liceo musicale (oggi Conservatorio, che si affaccia sulla piazza che porta il suo nome) e fu aggregato alla prestigiosa Accademia Filarmonica senza nemmeno sostenere il necessario esame. Dopo questi anni di formazione e dopo i suoi primi grandi successi Rossini viaggiò ovunque, in Italia e all’estero, per seguire gli allestimenti delle sue opere. Tuttavia, il legame con Bologna rimase fortissimo. Nei dintorni, a Castenaso, dove aveva acquistato un podere, sposò Isabella Colbran (1785 - 1845), famosa cantante lirica. In città soggiornò in diverse case, ma quella che viene più ricordata è in Strada Maggiore, all’angolo con Piazza San Michele de’ Leprosetti. Nella sua abitazione egli tenne un celeberrimo salotto, frequentato dai più importanti uomini di cultura felsinei. Le stesse cronache dei giornali locali narrarono spesso delle serate organizzate dal compositore e ancora oggi l’edificio è ricordato come Palazzo Rossini.

Il momento forse più esaltante della permanenza bolognese del musicista può tuttavia essere considerato l’anno 1842, quando cioè - presso l’Archiginnasio - venne eseguito per la prima volta lo Stabat Mater, composizione di musica sacra sui versi in latino di Iacopone da Todi. Da allora, la sala dove avvenne la memorabile esecuzione prese appunto tale nome e ancora oggi lo conserva. Nel 1848 Rossini abbandona definitivamente Bologna come propria sede di residenza. Il 27 aprile la fanfara del battaglione dei volontari romani suona un suo pezzo sotto la sua casa ma, al momento del saluto, un gruppo di facinorosi lo ricopre di fischi e insulti. “Odiato e deriso dal popolo”, lascia Bologna in incognito e si reca a Firenze, in quanto accusato di non sostenere la causa risorgimentale. Ci vorrà l'intervento di Ugo Bassi per salvare i rapporti ufficiali tra Rossini e la città. Il padre barnabita si espresse in suo favore affermando che “chi ha scritto il Guglielmo Tell non può essere tacciato di scarso amor patrio” e convincendolo a scivere un inno che verrà suonato in Piazza Maggiore il 21 giugno dello stesso anno. Nel 1855 il compositore abbandonerà definitivamente l'Italia e si trasferirà a Parigi. Gioacchino Rossini, uomo dalle mille sfaccettature, è stato spesso descritto in molti e diversi modi: umorale e collerico ma anche amante della buona cucina e delle belle donne; pigro ma, allo stesso tempo, autore prolifico. La sua uscita dalle scene fu abbastanza precoce, tanto che il suo ultimo melodramma, il Guglielmo Tell fu rappresentato a Parigi il 3 agosto del 1829, quando il maestro aveva appena trentasette anni. Pur essendosi ritirato a vita privata e dopo aver sposato - a Bologna, nel 1846 - Olympe Pelissier (la Colbran era morta l’anno prima) continuò fino all’ultimo a comporre musica per sé e per gli amici. La Petite messe solennelle è infatti del 1863.

Nel 1860 il compositore decise di andare a vivere all’estero e si trasferì nei pressi di Parigi, a Passy. Da qui intrattenne comunque rapporti con tutto il mondo e con Bologna in particolare, come testimonia la lettera scritta nel 1861 a Giovanni Cappellini (professore di geologia e Rettore della locale Università) al quale inviò anche un bel ritratto fotografico autografato. I suoi genitori continuarono a soggiornare a Bologna ed infatti sono sepolti nel cimitero della Certosa, nel monumento che a suo tempo Rossini commissionò per il padre della prima moglie, Giovanni Colbran. Nel 1868 Gioacchino Rossini morì, ma la sua memoria rimase ben viva in città e non solo grazie alle rappresentazioni delle sue opere nei grandi teatri. Lo dimostra il manufatto di Demetrio Presini, notissimo burattinaio bolognese e vivace personaggio del teatro popolare di piazza, che ripropone la fisionomia del musicista con il viso di Tino Buazzelli, famoso attore del secondo Novecento italiano dalla corporatura imponente, qual era la sua.

Daniela Schiavina

In collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna