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Felice Giani

17 Dicembre 1758 - 10 Gennaio 1823

Scheda

Artista vulcanico e bohémien, lavoratore febbrile, disegnatore inesauribile, Felice Giani nasce nel 1758 a San Sebastiano Curone (Alessandria). I primi anni del suo apprendistato trascorrono a Pavia, con il pittore Carlo Antonio Bianchi e l’architetto Antonio Galli Bibiena, e a Bologna, dal 1778, presso i pittori Domenico Pedrini e Ubaldo Gandolfi e l’architetto Vincenzo Mazza. Di queste prime esperienze restano, nella sua sensibilità, le suggestioni dell’ambiente bolognese e veneto, una cultura figurativa che spazia dai Carracci, a Pellegrino Tibaldi, alla tradizione barocca e in particolare alla straordinaria e colta pittura dei fratelli Gaetano e Ubaldo Gandolfi. Dal 1780 al 1786 è a Roma, sotto la protezione del principe Andrea Doria Pamphili: saranno, questi, anni fondamentali per la sua formazione.

Frequenta l’Accademia di San Luca, prosegue gli studi presso Pompeo Batoni, Cristoforo Unterperger e l’architetto Giovanni Antonio Antolini, si dedica con passione indomita allo studio dell’Antico riempiendo fitti taccuini di annotazioni e disegni tratti dalla Domus Aurea, da Villa Adriana e dalle Terme di Tito; solo più tardi, nel 1792, visiterà anche Napoli, Ercolano e Pompei: l’incanto che eserciterà su Giani l’Antico informerà tutta la sua pittura successiva. Non solo: Roma significherà una formazione intellettuale di primo piano, a stretto contatto con Mengs, Hamilton, Canova, Gessner e a tutta la cerchia frequentante lo studio cosmopolita di Angelica Kauffmann. Ma ancora varie e molteplici sono, per l’artista, le occasioni di riflessione: interessato al lavoro del contemporaneo Giuseppe Cades, coglie il fascino nordico di pittori quali Barry, Fussli, Flaxman, attratto nel contempo dall’espressività di Michelangelo e dei manieristi, dalla pittura di Tibaldi, di Pietro da Cortona e più in generale dalle grandi fonti del Cinque e Seicento, fra le quali, folgoranti per gli esiti futuri della decorazione d’interni, sono le Logge vaticane del divino Raffaello. Non a caso, infatti, nel 1788 Giani collaborerà con Cristoforo Unterperger alla riproduzione integrale delle Logge, volute da Caterina II ad ornamento del Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo.

È al 1786, però, che risale la sua prima vera commissione, che lo porta a Faenza a dipingere la Galleria dei Cento Pacifici e poi la Galleria di palazzo Conti, chiamato a inserire le sue grandi figure all’interno delle architettoniche quadrature dell’esperto Serafino Barozzi, come da migliore tradizione bolognese. Conclusi i lavori, eletto a Bologna accademico clementino nel 1787, torna a Roma: da questo momento non ci sarà più sosta né pausa nel suo lavoro, le richieste si susseguiranno, frenetiche, fino alla morte del pittore. Tra 1789 e 1793 è a palazzo Altieri, la cui decorazione diviene tappa fondamentale nella definizione dello stile e del percorso artistico di Giani, sancendo quella che sarà la sua privilegiata sede d’espressione e innovazione: la decorazione d’interni. Ancora a Roma per piccoli interventi a villa Borghese e a palazzo Chigi, nel 1794 è di nuovo a Faenza impegnato nella decorazione della Galleria di palazzo Laderchi, questa volta supportato da una organizzatissima bottega che lo seguirà, d’ora in poi, in ogni sua impresa. Ne faranno parte Gaetano Bertolani, Antonio Trentanove, i fratelli Ballanti Graziani, Pietro e Marcantonio Trefogli.

Qui sta la novità: Giani progetta, anzi, ripensa l’intero ambiente, la sua è una concezione globale che guarda, con la stessa attenzione, allo spazio architettonico come ai singoli elementi: ornato, stucchi, ebanisteria, arredo, disegnava tutto nei dettagli per poi lasciare la realizzazione ai suoi collaboratori, mentre lui, su volte e pareti proponeva, col suo fare agile ed elegante, una decorazione neoclassica lontana dal convenzionale, giocata con grande libertà sull’estro, la fantasia, il dinamismo e gli immancabili rimandi all’antichità, luminosa di tempere che, stese sull’intonaco bagnato, regalano colori vivaci e splendenti. Nei suoi cicli decorativi si compone una nuova unità, in cui figure e ornato sono armonicamente accordati: Palazzo Milzetti a Faenza e Palazzo Marescalchi a Bologna si pongono come esempi cardine del nuovo corso: ambienti raffinati, decorazioni in stile pompeiano e una capacità narrativa straordinaria che esibisce soggetti iconografici sempre misurati alla destinazione d’uso dell’ambiente o su interessi ed inclinazioni del committente. Giani fu sempre interprete intelligente dei gusti, ma soprattutto delle aspirazioni della classe allora in ascesa, legata alla politica francese, con cui ebbe sempre a relazionarsi e della quale seppe glorificare, e quindi legittimare, il nuovo ruolo politico e sociale forgiando, se così si può dire, un nuovo modello di residenza d’élite.

Ecco quindi, tra 1802 e 1822, lo snodarsi di una ininterrotta attività di decoratore nelle ricche dimore delle classi emergenti di varie città italiane: sono i grandi cicli a Faenza (palazzo Naldi, 1802; Milzetti, 1802-1805, riconosciuto capolavoro di grazia e d’eleganza, commissionato dal conte Francesco Milzetti, al servizio di Eugenio Beauharnais; Severoli, 1811, Gessi, 1813; Cavina, 1816, Pasolini dall’Onda, 1818), a Roma (l’appartamento neoclassico di palazzo di Spagna, 1806-1807; la decorazione con i trionfi della guerra e della pace dell’appartamento al Quirinale destinato a Napoleone, 1811-1812, commissione tra le più prestigiose) e i molti altri che lo vedono a Cesena, Forlì, Ferrara, Imola, Jesi, Modena, Perugia, Rimini, Ravenna, Venezia, Parigi. L’attività a Bologna ha inizio nel 1805 con la decorazione per il conte Antonio Aldini, complice il conte Francesco Milzetti, per il quale Giani aveva appena concluso a Faenza le decorazione del suo palazzo. Antonio Aldini aveva acquistato il Palazzo (Strada Maggiore 34), antica residenza senatoria, nel 1797 e l’aveva rinnovata in stile neoclassico grazie all’architetto Giovan Battista Martini. Per la decorazione Giani sceglie episodi della storia di Roma e celebra, attraverso le storie di Protogene ed Elena, i temi della pace e della sicurezza.

Con l’Aldini, che sarà segretario di Stato del Ragno Italico, Giani stringerà un rapporto duraturo; lo ritroveremo infatti, tra 1812-1813, a Montmorency per la decorazione della residenza francese del conte. Nello stesso 1805 collabora alla decorazione degli apparati per l’entrata di Napoleone in città (21 giugno 1805) simulando bassorilievi e decorazioni per “trasformare” porta S. Felice in un magnificente Arco di Trionfo. Da questo esordio fino alla morte Giani sarà presente a Bologna per molteplici incarichi. Unico precedente in città era stato un breve intervento nel 1801 al Palazzo (via Castiglione 47) di Giacomo Contri, padre di quel Giovanni Contri che chiamerà Giani nel 1813 per la propria villa sul colle dell’Osservanza. La decorazione propone temi classici da Apollo e le Muse alla favola di Psiche. Quando nel 1813 sarà alla villa dell’Osservanza, l’opera sarà tutta da ascrivere ai collaboratori; l’unico suo intervento, il camerino con episodio biblico di Melchisedec, si giustifica per la vera e propria supplica mossa da Giovan Battista Martinetti di dipingere almeno un camerino in occasione delle nozze di Giovanni Contri con Carlotta Felicori. Tra 1806 e 1820 lavora per la contessa Cornelia Rossi Martinetti, animatrice di un celebre salotto letterario, frequentato, tra gli altri, da Monti, Foscolo, Mezzofanti, Stendhal, Leopardi, lord Byron, re Luigi di Baviera, Chateaubriand, Canova, Pietro Giordani, Lady Morgan, e moglie di quel Giovan Battista Martinetti col quale Giani ebbe diversi contatti di lavoro. L’abitazione si trova nelle immediate vicinanze dell’antica torre dei SS. Vitale e Agricola; il programma iconografico è incentrato sulle Avventure di Saffo poetessa di Mitilene, romanzo di Antonio Verri (1781).

Al 1810 risale invece il prestigioso incarico dal conte Ferdinando Marescalchi, personaggio di spicco all’interno della Repubblica Cispadana e ,in seguito, della Repubblica Cisalpina, uomo di grande cultura, dimorava in un Palazzo (via IV Novembre) già affrescato peraltro da Pellegrino Tibaldi e Guido Reni. Il programma iconografico, come sempre in piena sintonia con la destinazione d’uso degli ambienti e con la passione letteraria del committente, tratta episodi del primo libro dell’Eneide, esalta le divinità olimpiche di Bacco, Apollo, Diana e rende omaggio all’Arte della Pittura, con glorioso riferimento all’eccellenza della tradizione bolognese. Tra 1810 e 1816, a diverse riprese, decora 4 stanze al piano nobile del Palazzo in strada maggiore 42, allora residenza del conte Cesare Bianchetti, uomo colto, podestà di Bologna e, anche lui, filofrancese; negli stessi anni si colloca Palazzo Rossi Turrini (piazza Minghetti) con storie di Ulisse e Alcesti. Nel 1811 e 1820 si adopera per la decorazione di Palazzo Filicori (via Belle Arti 19): la scelta di un’iconografia particolare ispirata ai Programmi di Belle Arti di Giuseppe Parini si deve certamente a Matilde, moglie del notaio Angelo Michele Filicori e animatrice di uno dei salotti più brillanti della città: nelle sale campeggiano le storie di Ulisse, di Ercole e allegorie della Caccia, Pesca e Pastorizia. Nel 1817 è già in rapporto con Francesco Sampieri, come si evince da una lettera che il marchese gli invia da Bologna il 12 settembre: Signor Giani pregiatissimo. La sua lettera mi ha cagionato il massimo ramarico e, siccome non posso ritardare a voler compito almeno il tempietto cinese nel mese di settembre, oso pregarla a mandare almeno il signor Gaetano (Bertolani), il quale in sei giorni sbrigherà un lavoro ben piccolo, di cui la prego quanto so e posso. Siccome amo tutto questo lavoro da loro, così non cerco altri e si farà come ella lasciò qualche giorno per andare a Modena. Il bagno si farà la primavera. Sono in fretta, marchese Sampieri. Datata al 1819 è l’attività nel Palazzo Sampieri (vicolo Sampieri): la decorazione si incentra sui temi delle Grazie, delle Storie di Roma e di Venere.

Nel 1822 è a Palazzo Lambertini Ranuzzi (oggi Sanguinetti, via Santo Stefano 43) , chiamato dal conte Vincenzo Ranuzzi a decorare le sale di Ebe, degli Dei, degli Eroti e delle Quattro parti del Mondo; già nel 1810 aveva eseguito in questo stesso Palazzo una decorazione - perduta - per la sala da ballo del Casino Civico, ospitato al piano nobile. Ultima delle grandi imprese dell’instancabile attività di Giani, allora sessantaquattrenne, è palazzo Baciocchi (1822), sede attuale del Palazzo di Giustizia (piazza dei Tribunali), sontuosa residenza di Felice Baciocchi, vedovo di Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone. I temi di Amore e Psiche, Teseo e le scene di trionfi di imperatori romani si snodano, con elegantissima grafia, lungo le sale. Contemporanea a questa fatica sono le decorazioni in Palazzo Rodriguez (angolo tra via D’Azeglio e Carbonesi): vi lavora con Antonio Basoli e Luigi Cini, coi quali già operava, appunto, all’interno di Palazzo Baciocchi. Da ascrivere probabilmente alla sola bottega è invece la decorazione della casa del medico Gaetano Conti, 1823 (via S. Vitale 40), docente di Medicina legale all’Università aveva ricoperto incarichi politici durante la Repubblica Cisalpina. Vi lavorano tra gli altri Antonio Basoli e Filippo Pedrini. Concepita come luogo d’incontro e di piacere, il progetto decorativo prevede scene ispirate all’Idillio di Gessner per la decorazione della sala. In considerazione dell'importanza che l'artista riveste in città, l'Accademia di Belle Arti di Bologna lo nomina socio onorario.

Non tutto di Giani si trova però entro le dimore dei bolognesi: a lui si devono la perduta decorazione del Teatro di Chimica dell’Università (1816), la decorazione di palchi del Teatro Comunale (1819), come anche di alcuni palchi del Teatro Contavalli nel 1814, perduti. Altrettanto perduti risultano i palchi di quel Teatro del Corso (Badini) che nel 1805, ospitò Napoleone e Giuseppina. Spostandosi un poco fuori città, precisamente a Casalecchio di Reno, ricordiamo la decorazione di Villa Sampieri, perduta a causa dalle bombe della seconda guerra mondiale, frequentata allora da Dionigi Strocchi, Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti. Si conferma quindi per Giani, ovunque si spostasse, la frequentazione, a tutti i livelli, dei protagonisti della cultura più avanzata di allora: Appiani, Canova, Antonio d’Este, Quarenghi, Giacomo Bianconi, Giovan Battista Borsato, Ennio Quirino Visconti. Incredibilmente, a fronte di cotanta attività, saranno davvero tardivi i riconoscimenti ufficiali: nel 1811 Giani è designato accademico all’Accademia di San Luca mentre nel 1819 diventa membro della congregazione dei Virtuosi del Pantheon. Solo pochi anni prima, quindi, della caduta, sulla strada di ritorno per Roma da Bologna, che gli procura una ferita alla mano sinistra rivelatasi fatale. Muore il 10 gennaio 1823 e viene sepolto in Sant’Andrea delle Fratte. Giani lasciava a Michael Kock, pittore austriaco legato da profonda amicizia e che con lui condivideva la stanza, la casa romana, i suoi libri, quadri e disegni. Della moltitudine di fogli della sua sterminata attività disegnativa la gran parte è conservata al Cooper-Hewitt Museum e presso il Gabinetto Nazionale Disegni e Stampe di Roma.

Ilaria Francia