Gavina Dino

Gavina Dino

7 Novembre 1922 - 6 Aprile 2007

Note sintetiche

Scheda

Dino Gavina muove i primi passi dietro le quinte del teatro bolognese “La Soffitta” dove si occupa degli allestimenti scenografici, ma sono la sua insaziabile curiosità e una non comune libertà intellettuale a condurlo a frequentare gli ambienti artistici di Milano dove incontra lo scultore Lucio Fontana. Questi, che evidentemente legge nel giovane bolognese un certo talento, lo introduce nel mondo dell’architettura milanese, riunito attorno alla Triennale. Qui avviene l’altro importante incontro che segna il destino di Gavina, quello con Piergiacomo Castiglioni, in quegli anni pionieristici impegnato a mettere le basi del disegno industriale “made in Italy”. E’ un sodalizio vincente, infatti Piergiacomo, insieme al fratello Achille, nel 1960 firmeranno il progetto dell’ultimo capannone della ditta Gavina a San Lazzaro, quello che lambisce la via Emilia, oltre a disegnare numerosi oggetti che il bolognese produrrà con successo, come le tante lampade o la poltrona “Sanluca”.

Nasce infatti in quello stesso periodo l’attività imprenditoriale che mette a frutto le importanti relazioni che Gavina aveva saputo tessere con i nomi del design italiano, tutti presenti nel suo catalogo, degno di un museo del design. Alla presidenza della società viene incaricato un altro esponente riconosciuto del mondo architettonico, il veneziano Carlo Scarpa, autore poi del punto vendita Gavina nel centro storico bolognese. Ma i contatti non si limitano all’Italia: l’imprenditore coinvolge uno dei mostri sacri del movimento moderno, Marcel Breuer, e lo induce a riproporre una poltroncina nata per il Bauhaus nel 1929. I passi successivi sono verso un sempre maggiore impegno sul versante culturale. Nasce così il “Centro Duchamp” (1967) che mutua dall’artista francese, incontrato due anni prima, il concetto di “ready made”: l’oggetto d’uso quotidiano che diventa arte. Nella sua “stanza delle meraviglie”, come era chiamato lo studio sanlazzarese, talvolta in compagnia di un altro rilevantissimo personaggio, Man Ray, Gavina tesse le fila per costruire un dialogo serrato fra artisti, produttori e fruitori. Nel 1971, Ultramobile: nasce un vero e proprio progetto culturale per allargare la base di fruitori di opere d’arte, portandole nelle loro case sotto forma di mobili, per quanto singolari. «Ultramobile è un oggetto carico di stupore, un totem evocatore di meraviglia, una presenza che palpita e che respira in casa, un’aggressione vitale e sardonica, una poesia congelata in un guizzo di allegria; perché fortunatamente la vita è anche follia, l’esistenza è sorpresa, l’avventura è avventura. Ultramobile è un’avventura…».

La terna si chiude con Metamobile del 1974 che trae origine dai progetti di “autocostruzione” del designer Enzo Mari. Gavina intendeva sgombrare il campo dalle accuse che gli erano state fatte di produrre mobili per la ricca borghesia: Metamobile non è solo una proposta di mobili semplici a basso prezzo ma costituisce un’autentica rivoluzione: solo l’idea che ogni persona è autorizzata a fabbricarsi i mobili per uso proprio diventa un vero manifesto. Negli anni Ottanta con Simongavina Paradisoterrestre l’attenzione creativa investe anche gli arredi per esterno che sono riletti in chiave contemporanea: «in questo mondo di brutture vogliamo costruire uno spazio per l’uomo, tentare di avvicinarci al paradiso». Da non dimenticare anche l’opera di promozione di progetti legati all’illuminazione con la produzione di alcune importanti lampade oggi nei principali musei del design di tutto il mondo. Imprenditore di idee, Dino Gavina aveva una missione: portare la bellezza ovunque.

Maria Beatrice Bettazzi

Marzo 2013.
Testo tratto da: Di buona fama, a cura di Francisco Giordano, in «Quaderni del Savena», ed. Clueb, 12, 2012, pp. 57-94. Quaderni del Savena

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