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Cleto Tomba

19 Agosto 1898 - 29 novembre 1987

Scheda

Cleto Tomba nasce a Castel San Pietro Terme, ad una manciata di chilometri da Bologna, il 19 agosto 1898. Il suo incontro con la scultura avviene in tenera età, ancor prima di imparare a leggere e a scrivere, in maniera spontanea e semplice, così come semplice e naturale è il materiale che prediligerà per le sue opere, la terracotta (anche se, a partire dal secondo dopoguerra, tradurrà in bronzo alcune delle sue piccole, ma significativamente grandi, creazioni). Già all’età di cinque anni il piccolo Cleto era libero di correre ed avventurarsi lungo il fiume, laddove si trovava il deposito della creta; proprio qui ebbe il suo primo e spontaneo approccio artistico con la manipolazione, cominciando, in maniera del tutto autonoma, a realizzare figurine.

Un giorno il padre, preoccupato per la prolungata assenza di Cleto, corse a cercarlo lungo il fiume dove lo trovò, con estrema sorpresa, ricoperto di fango e intento a plasmare statuette di creta; inizia così la sua formazione artistica, con la fama del bambino prodigio, dapprima presso la Scuola d’Arte di Palazzo Ercolani a Bologna, per passare poi allo studio della scultura all’Accademia di Belle Arti, sempre a Bologna, sotto la guida di Pasquale Rizzoli con il quale si diploma nel 1917. Vent’anni dopo ottiene la cattedra di Figura e ornato modellato al Liceo Artistico bolognese che occuperà fino al 1968, anno in cui deve lasciare l’attività di insegnante per raggiunti limiti di età. È nel periodo di tempo racchiuso tra queste tre date fondamentali che si concentra praticamente tutta la sua attività artistica ed espositiva, caratterizzata da due differenti maniere di concepire e fare scultura che porteranno l’artista a ripensare profondamente tutta la sua attività creativa. A partire dalla metà degli anni Trenta abbandona la progettazione di soggetti monumentali per una produzione di piccolo formato, a tratti ironica e caricaturale, più congeniale alla sua personalità: «Ho scelto il piccolo formato perché è la mia dimensione», con queste schiette e semplici parole Cleto descrive infatti la sua arte ed il suo modo di intendere la scultura. La prima produzione di Tomba mostra un artista perfettamente inserito nel clima culturale del tempo, diviso tra l’esecuzione di alcuni monumenti ai Caduti e la partecipazione ad importanti concorsi pubblici: nel 1922 vince il concorso per il «Monumento ai Caduti» di Imola, poi non eseguito, mentre, nello stesso anno, vince il concorso ed esegue quello di Casola Valsenio in provincia di Ravenna; l’anno seguente esegue una statua per l’«Ossario ai Caduti» nel cimitero di Imola ed ottiene il secondo premio nel concorso per il «Monumento ai Caduti» di Sampierdarena. Nel 1962 partecipa al bando indetto per la progettazione e realizzazione del «Monumento ai Caduti» di Bartella, cittadina assira vicino a Mosul, in Iraq, classificandosi al secondo posto. L’ultima presenza di Cleto Tomba ad un concorso pubblico è datata 1933, data in cui partecipa a quello per la «Fontana - Monumento ai Caduti della Direttissima » per la stazione di Bologna, per il quale presenta un bozzetto dedicato ai minatori caduti nel pozzo di Cà di Landino, ottenendo il secondo premio. L’anno seguente questo bozzetto venne esposto alla personale dell’artista allestita presso il Circolo della Stampa a cura dell’Associazione Amici dei Monumenti di Bologna e successivamente acquistato dal Comune di Bologna per la somma di duemila lire per la Galleria d’Arte Moderna; la vicenda è simbolo chiaro ed evidente della considerazione popolare di cui Tomba godeva già tra i suoi contemporanei.

Parallelamente all’impegno pubblico e monumentale, con sculture dal soggetto ufficiale e caro al regime - produzione che l’artista abbandonerà progressivamente a partire dagli anni Trenta, Tomba si dedica alla produzione di piccole figure di genere e gruppi umoristici in terracotta dipinta, con i quali parteciperà a numerose mostre nazionali, internazionali e sindacali. Lampanti esempi di questo periodo sono «La marcia su Roma» in gesso, presentata alla XVI Biennale di Venezia del 1928; la giocosa «Manzoniana», esposta all’Internazionale di Barcellona nel 1929 e riproposta alla Sindacale torinese due anni dopo. Nel 1931 partecipa alla Prima Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma con le ironiche «Zebre al sole» e alla Seconda, nel 1935 con «Il Duce», austero ma quotidiano ritratto di Mussolini. Con il «Pugile» presentato alla Quinta Sindacale bolognese del 1936 e la «Maternità», esposta nello stesso anno alla Biennale di Venezia, Cleto Tomba si allinea ai nuovi temi cari al Regime fascista. Nel 1939 è ancora presente alla Quadriennale romana con la cera «Mosè», mentre nel 1940 allestisce una personale con quindici opere in bronzo alla Biennale di Venezia. Il 1941 lo vede partecipare alla Sindacale di Milano con «Sposa», mentre nel 1942 («Marco») e nel 1948 («Nostalgie Terrene» e «Zebre al sole») torna a Venezia per la Biennale. Nel 1962 partecipa al Premio del Fiorino di Firenze con la terracotta «Incontri», di due anni precedente; alla stessa esposizione parteciperà poi nel 1966 esponendo il bronzetto «Alcolizzato», realizzato nel 1965, con il quale si aggiudica la medaglia d’oro della Camera di Commercio di Pisa, mentre l’opera viene acquistata per le collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze. Le sue figurine scavalcano così i confini emiliani per raccogliere successi e consensi in tutto l’ambiente italiano ed internazionale, con il loro linguaggio semplice ed immediato, lontano da tutti gli schemi accademici; i suoi gruppetti in terracotta non scadono mai nella semplice caricatura, ma conservano sempre e comunque una notevole dignità plastica. Sono spesso i ricordi dell’infanzia, degli affetti, della famiglia, della gente semplice di Castel San Pietro e della campagna bolognese ad emergere dall’opera di Cleto Tomba, insieme a famosi personaggi e gruppi ispirati dalla letteratura. La sensibilità dell’artista è paragonabile ad un filtro magico, capace di svelare l’essenza della realtà, spesso tragicomica e parodistica. Le sue figurine ironiche e, talvolta, irriverenti indagano senza indulgenza e con la stessa precisa attenzione la boria degli avvocati e dei giudici in parrucca e gli effetti delle loro sentenze, la maldicenza all’angolo della strada, l’illusione di un grande amore, l’ingenuità di un educato soldatino in licenza che attende seduto sul divano consumato di una casa di tolleranza, le spietate pettegole del paese; e ancora, l’obesità ridanciana del clero, mariti ubriachi recuperati da mogli arcigne e stancamente rassegnate, madri illuse che vantano le infinite capacità dei loro pargoli, malati che si affidano con totale fiducia alle cure del sedicente luminare di turno, matrimoni di comodo e turisti cialtroni. Se da un lato questo caleidoscopio di vita vera, realmente vissuta e sentita, fatta di uomini e non di persone, suscita in chi guarda un sorriso ironico, in seconda battuta questa invita ad una riflessione più seria, poiché in queste c’è qualcosa di più, che va oltre la simpatica caricatura, qualcosa che spinge a meditare sul reale, a pensare a quanto di grottesco e crudele ci circonda nella vita di tutti i giorni. Tomba ha spinto la sua attività anche nel campo della produzione di terrecotte di soggetto sacro, soprattutto Presepi, largamente apprezzata dal pubblico e dagli ambienti ecclesiastici cittadini. Cleto Tomba muore a Bologna il 29 novembre 1987.

Giulia Stagi

Bibliografia: Rossi, 1977; Panzetta, 1996; Bertacchini, 2001; Panzetta, 2003, ad vocem; Panzetta, 2010. Testo tratto da: A. Panzetta (a cura di), Sculture da ridere - Da Adriano Cecioni a Quinto Ghermandi. Tra Otto e Novecento un secolo di caricatura e satira nella scultura italiana, catalogo della mostra (10 marzo - 19 maggio 2013), Fioranna Edizioni, 2013. In collaborazione con Il Cassero per la Scultura di Montevarchi