Strazza Giovanni

Strazza Giovanni

1818 - 1875

Note sintetiche

Occupazione: Scultore

Scheda

Lo scultore lombardo è ricordato da Giovanni Duprè (1817-1882) nei suoi Ricordi autobiografici: "Fu invitato da Milano Giovanni Strazza, morto or fa pochi mesi anche lui, povero amico mio! Aveva ingegno colto, forbito e gentile quanto altri mai; lo conobbi a Roma giovanissimo la prima volta nel 44, quando artisti e amatori e popolo si affollavano intorno alla sua prima statua dell'Ismaele. Ebbe per tutti e anche per me cuore aperto e leale e sincerità di parola sempre urbana e garbata. Lo rividi a Vienna nel 73, e l'ebbi compagno nel Giurì della nostra Sezione di scultura all'Esposizione mondiale." Il motivo per cui nel cimitero bolognese via sia un'opera dello scultore lombardo è forse spiegabile con la sua breve esperienza di insegnamento in Accademia. Cesare Masini segnala infatti negli Atti della Regia Accademia Centrale delle Belle Arti dell'Emilia (1861) come ...l'altro in quella di scultura da Giovanni Strazza, che giunto appena fra noi, fu chiamato maestro nell'Accademia di Milano sua patria. In luogo di questi fu messo dal voto dell'intero Corpo Accademico dell'Emilia lo statuario Salvino Salvini di Livorno.

Così viene poi ricordato Giovanni Strazza nel volume datato 1858 "Storia delle lettere e delle arti in Italia ordinata nelle vite e nei ritratti degli uomini illustri dal secolo XIII fino ai nostri giorni" a cura di Giuseppe Rovani: L'Ismaele fu la prima opera che lo fece conoscere lo Strazza a' suoi concittadini ed è per essa, se, mutatis mutandis, si può applicare a questo giovane artista, Non licuit populis parvum te Ni'e videre; il che tradotto in volgare colle applicazioni opportune, significa che lo Strazza appartiene alla schiera di quegli artisti che ebbero il privilegio di non svelare la debolezza dei primi tentativi e il lento progresso dalle speranze incerte e dalle promesse non sempre attendibili al fatto compiuto; ma di comparire al cospetto del pubblico belli e maturi a provocare un'ammirazione che non era attesa, privilegio fortunatissimo che moltiplica nell'opinione: dei più le apparenze di quell'ingegno del quale non si è potuto conoscere l'infanzia. (...) Dalle quali altezze eccezionali tornando ai fenomeni della vita comune, si trova che l'ammirazione è quasi sempre muta fra condiscepoli, che sedendo contemporaneamente ai banchi scolastici abbiano dovuto subire le stesse intemerate del maestro. Però tutti coloro che aspirano a un grado distinto nelle arti e ad una fama senza eccezione, devono aver questo di mira di non rivelarsi al mondo chi al momento opportuno, chè, per quanto un mortale sia ricco di meriti, a queste non verrà mai applicata la giusta misura senza quelle assai lecite astuzie, che sventano le pregiudicate opinioni. (...) Fosse dunque fortuna, o natura, o proposito deliberato, lo Strazza non ha permesso che si rivelasse all'indiscreta platea il dietro alle scene della sua vita artistica; così il pubblico fu tutto compreso d'ammirazione alla comparsa dell'Ismaele e si rallegrò di poter collocare ai primi posti il suo giovine autore senza quell'importuno corredo di ma, e di se e di pare impossibile, che avrebbero turbato i trionfi anche a Cesare e a Pompeo. Soggetti che hanno la fortuna di esser sempre nuovi e quasi direi moderni addirittura, sono quelli tolti alla Bibbia. Col Saulle ha potuto l'Alfieri chiudere la parola in bocca a que' nani pomposi che quasi lo dichiaravano decaduto dal possesso di una gloria usurpata. E fu col Saulle infatti che mostrò di essere assai più forte camminando da sè solo che col patrocinio dei tragici greci, e d'avere un diritto incontestabile al grado d'uomo di genio. (...) In quanto all'Ismaele poi era argomento grande e problema della più difficile soluzione artistica, tale che ci voleva audacia e coscienza di nervi. (...) Nè si arrestò sgomentato dalle difficoltà che si facevano sempre più ardue avuto riguardo alle poche risorse che ha la scultura. (...) Ma lo Strazza lo volle rendere accessibile alla scultura e vi riuscì, e la statua dell'Ismaele è un capo lavoro dell'arte moderna. La verità straordinaria onde fu modellata questa statua, è tale da parer quasi che se ne sia fatta la forma sul vero naturale, se non ci avvisasse che è tutta quanta virtù dell'artista la potenza quasi prodigiosa con cui nel volto dell' assetato fu espresso il contrasto tra la vita e la morte, e alle regioni del diaframma l'oppressione mortale e la stentata respirazione e una tal quale gonfiezza prodotta dagli arsi ed infiammati visceri. Quando si tratta di rappresentare una figura morta è difficile a sfuggire all'accusa d'averla formata sul vero, accusa che riesce molto comoda a quelli che con vero crepacuore vedono sorgere a grandezza improvvisa un novello artista che non era aspettato. Nè potè scansarla Luigi Ferrari nella stupenda figura del figlio morto di Laocoonte, nè Duprè nel suo Abele, sebbene gli uomini veramente esperti e coscienziosi, meravigliati di altre bellezze che non si potevano tradurre materialmente, si ridessero e dell'accusa e degli accusatori. (...) E da quel momento il milanese Strazza fu associato all'eletta schiera di quegli artisti che recarono la scultura in Italia a quel primato che le viene invidiato dalle altre nazioni. Se quest'artista coll'Ismaele volle dar prova della sua perizia nel modellare il nudo, pensò poi di condurre in plastica il Mosè grande al vero per mostrare com'egli fosse valente anche nel panneggiare una figura. Dopo il Mosè di Michelangelo, per qualunque statuario sarebbe stata impresa ben ardua il ritentare questo argomento, nè lo Strazza potè accontentare tutte le esigenze; pure l'inspirazione biblica che appare da questa figura e lo stile grandioso ond'essa è condotta, attestano come lo Strazza sia fornito di quella preziosa filosofia dell' arte che talvolta si fa desiderare anche nei più grandi artisti. In seguito compose la statua della Carità che fu lodatissima e meritò l'onore d'una replica. Così, dopo avere attinto alla fonte biblica e all'arte simbolica, volle inspirarsi a quella poesia lucente e fantastica di Moore che si direbbe nata fra i rosati vapori dell'Arabia piuttostochè fra le nebbie di Londra, e modellò la Peri, figura tutta leggiadria ed eleganza soffusa di mestizia ineffabile. (...) L'Audace è un'opera ben notabile dell'autore dell'Ismaele. Diciamo ben notabile perch'essa è una emanazione schietta e sincera dell'arte del nostro tempo, che chiameremo borghese finchè non ci verrà suggerito un vocabolo più poetico, e soltanto per distinguerla da quella che potrebbe chiamarsi aulica in mancanza parimente di più opportuno vocabolo. Quest'arte è la più fedele e palpitante espressione dei pensieri, della fede, della vita entro la quale noi respiriamo; è quella per la quale i nostri posteri si potranno fare un'idea ben precisa di noi; è una pagina della nostra storia; l'esecuzione di quest'opera è pari all'idea; grande e semplice ad una; il torso, le braccia e tutte le parti nude sono modellate con magistrale sicurezza e larghezza di stile. (...) Se le opere suaccennate contengono tali pregi che ben bastano a collocare lo Strazza fra i migliori scultori d'Italia, pure è nell'ultima statua esposta a Milano, intolata la Sposa, dove appare in tutta la più completa maturanza l'ingegno nello Strazza, per quella parte intendiamoci bene che si limita alla manifestazione della fisica bellezza, e che riguarda esclusivamente la quistione dello stile. In questo lato noi lo crediamo fermissimamente, e tutti gli artisti galantuomini il pensarono concordi, esso ha raggiunto il più alto grado raggiungibile, comparendo inoltre opportuno a dare un esempio salutare onde stornare dall'arte i possibili pericoli che la minacciano da qualche tempo. (...) I principii di Bartolini spinti alle ultime e più esagerate loro conseguenze e l'esempio suo franteso, e la mancanza nella città nostra di perfetti modelli vivi e le poche opere monumentali esposte in pubblico di veramente egregia fattura, hanno fatto smarrire a molti, se non a tutti, le tracce di quella bellezza senza di cui non v'è arte; ora questa statua dello Strazza è venuta appunto a segnare, diremo così, la media proporzionale che corre tra gli estremi del convenzionalismo e del naturalismo. In essa il soggetto è reso alla perfezione con squisita idealità; il pudore, com'è nel volto e nella testa chinata, è in tutta la linea castissima del corpo."

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