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Luigi Serra

8 Giugno 1846 - 11 Luglio 1888

Scheda

Pittore, nasce a Bologna l’8 giugno 1846. Apprende l’arte prima al Collegio Artistico Venturoli (1858-1863), dove riceve i primi insegnamenti da Gaetano Serra Zanetti ed in seguito da Luigi Busi, quest’ultimo sarà molto importante per la sua formazione. Nel 1863 entra all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove segue i corsi di pittura di Antonio Puccinelli e Giulio Cesare Ferrari. Nel 1866 vince il Pensionato Angiolini, continua i suoi studi a Firenze e a soli vent’anni si trova nel cuore di un’avventura pittorica e umana che, con il nome di rivoluzione della macchia, è stata vista come una sorta di spartiacque nella storia della pittura italiana del XIX secolo. Nella città toscana è ricordato da Telemaco Signorini come uno degli ultimi frequentatori del caffè Michelangelo (famoso ritrovo di artisti), ma non pare particolarmente interessato alla poetica macchiaiola. Apprende invece la lezione della scuola napoletana sotto la guida di Francesco Saverio Altamura presenta a Firenze in quegl’anni. Studia il Quattrocento toscano, come precisamente indicato dal programma di studi della Pensione ed esegue copie degli antichi maestri. La lontananza da Bologna non impedisce però a Serra di partecipare alle esposizioni della Protettrice, che già nel 1867 acquista due sue opere: “Galeazzo Marescotti ed Emilia sua nuora” e “Una vestale sepolta viva”. Nel 1868 invia al Collegio Venturoli il dipinto “Nudo d’accademia” a dimostrazione dei progressi ottenuti negli studi, dopo due anni di soggiorno a Firenze. Nel settembre del 1868 invia alla mostra della Protettrice Bolognese il dipinto “L’esilio di Maria de’Medici nel castello di Blois”, anche quest’opera viene acquistata dalla società Protettrice.

Nel 1869 si trasferisce a Roma dove esegue, come prova finale della Pensione Angiolini, il dipinto “L’Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano” che, esposto alla mostra di Parma del 1870, è premiato con la medaglia d’oro. Ritornato a Bologna è impegnato per la prima volta in un’opera murale, dovendo effigiare le quattro virtù teologali nella volta della chiesa di San Bernardo, ora distrutta. Contemporaneamente esegue due dipinti da cavalletto con figure femminili “Jone” e “Laura”, esposte alla protettrice Bolognese del 1871. Sempre in quell’anno vince il concorso per dipingere il sipario del Teatro Gentile da Fabriano a Fabriano (Ancona), dove esegue una vasta composizione su tela di tredici metri per dodici. Il pittore ha raffigurato le figure allegoriche delle Arti, illuminate con l’effetto delle luci artificiali della ribalta che, da un illusorio proscenio, invitano il pubblico ad assistere all’apoteosi di Gentile da Fabriano, che appare al centro della composizione, circondato dai più illustri pittori del Quattrocento in una ideale piazza classicheggiante, aperta dietro un immaginario comodino alzato da putti. Esposto nello studio di palazzo Bentivoglio, nell’ottobre del 1875, il sipario riscuote larghi consensi sia per l’originalità dell’ideazione che per l’accurata esecuzione. Continua intanto a dipingere quadri per la Protettrice, affrontando anche la pittura di genere, spesso con ambientazioni settecentesche come il “Suonatore di flauto” che, esposto nel 1873, merita all’artista le lodi di Enrico Panzacchi (poeta e critico d’arte e musicale). Esegue anche ritratti, tra i quali ricordiamo il ritratto del padre dell’amico pittore Mario De Maria. L’artista desta l’interesse del mercante francese Adolphe Goupil, che acquista i dipinti ”Un bacio senza ritorno” (1873) e “Visita a un caro sepolto” (1877).

In occasione dell’Esposizione Universale, tenuta a Vienna nel 1873, si reca nella capitale austriaca con i colleghi e amici Raffaele Faccioli, Paolo Bedini e Mario De Maria, soffermandosi poi, sulla via del ritorno, due mesi a Monaco di Baviera. Nel 1874 si reca a Torino per conoscere gli artisti torinesi e le opere d’arte contemporanea del locale Museo Civico. Nel 1875 vince, con il bozzetto "Michelangelo al letto del servo Urbino morente”, una Pensione governativa della durata di tre anni e si trasferisce a Venezia. Qui studia il Quattrocento veneto, esegue inoltre diversi disegni e dipinti dal vero, della città lagunare, rappresentazioni spesso inedite e sempre estranee al facile effetto offerto dal tema. Terminata la Pensione con l’opera “Al Monte di Pietà”, si trasferisce di nuovo a Roma. Da questo momento si chiude sempre più nella propria ricerca, tesa a cogliere il “vero visto in movimento” disegnando moltissimo, giungendo a risultati altissimi anche con l’acquerello. Nel 1878 ottiene, dal principe Alessandro di Torlonia, l’importante incarico di dipingere nel catino absidale di Santa Maria della Vittoria a Roma “L’ingresso delle truppe austriache in Praga dopo la vittoria della montagna bianca”. La grande tempera murale, terminata due anni dopo, costituisce la summa delle precedenti ricerche di Serra e ne rappresenta pienamente la raggiunta maturità.

Gli anni ‘80 si aprono per l’artista con due gravi smacchi: nel 1881 perde il concorso, vinto da Cesare Maccari, per la decorazione della sala del Senato e l’anno seguente gli viene rifiutata dai frati del convento del Cestello di Bologna la Pala raffigurante “La Madonna con San Francesco e San Bonaventura”. Collabora anche come articolista mondano con lo pseudonimo “l’imbianchino” alla prestigiosa rivista romana Cronaca bizantina, diretta da Angelo Sommaruga. Intanto, intorno all’artista, nasce l’interesse della critica che inizia a riconoscerlo come fenomeno autonomo, rispetto al contemporaneo panorama artistico italiano. Nel 1884, all’Esposizione Nazionale di Torino, presenta due acquerelli “Mezzogiorno” e “Dal Colosseo” ed alcuni studi e un disegno preparatorio per “I Coronari”, riscuotendo gli elogi e della Critica, come il pittore più originale della scuola bolognese in mostra. Nell’estate del 1885 termina il dipinto raffigurante “I Corornari sul sagrato della chiesa di San Carlo ai Catinari”, acquistato dal gallerista fiorentino Luigi Pisani. Il 1886 lo dedica quasi interamente all’esecuzione dell’opera “Irnerio che glossa le antiche leggi” per il plafond della sala del Consiglio Provinciale di Bologna, allora in palazzo D’Accursio. Sono anni già segnati dalla malattia e da uno stato di prostrazione, vissuti nello studio a villa Strohl-Fern e passati a disegnare, in intimità con l’amico Enrico Barberi, l’allieva prediletta Attilia Marini e i suoi gatti, questi ultimi ignari modelli di innumerevoli disegni e bozzetti.

Finalmente nel 1888 l’artista ottiene grandi successi anche di pubblico, prima all’Esposizione londinese dove presenta “Piccola messa” e poi all’Esposizione Nazionale di Bologna che gli riserva un largo spazio. Viene tra l’altro organizzata, in questo ambito, una festa in suo onore dove intervengono il poeta Giosuè Carducci e il professor Giuseppe Ceneri. La morte coglie l’artista a soli quarantadue anni, all’apice della sua carriera, l’11 luglio 1888 nell’abitazione di famiglia in Corte Galluzzi a Bologna. La Pala commissionatagli dal principe Torlonia, raffigurante "San Giovanni Nepomuceno martirizzato da Venceslao" rimane così incompiuta. (Testo tratto da: Silvia Rubini (a cura di), Angelo Venturoli tra l'opera - il Collegio e la sua eredità, catalogo della mostra di Crespellano, Eta, Vignola, 2012. Bibliografia: Renzo Grandi, Dall'Accademia al Vero, la pittura a Bologna prima e dopo l’Unità, Galleria d’Arte Moderna, Bologna 1983, Grafis Industrie Grafiche Casalecchio di Reno (BO); Francesco Sapori, Luigi Serra, pittore bolognese, Nicola Zanichelli editore Bologna 1922; Claudio Poppi, Il segno e il colore nell’atelier di Luigi Serra, Galleria d’Arte Moderna Bologna 2003, Silvana editoriale Milano). 

Discorso commemorativo pronunciato da Enrico Panzacchi per i funerali dell'artista, 11 luglio 1888, da Bollettino n. 7 de "Bologna Esposizione 1888": "L'arte bolognese, ancora addolorata per gravi perdite recenti, veste ora un grandissimo lutto, perchè anche tu scendi anzi tempo nel sepolcro, o povero Luigi Serra! Lutto grandissimo veramente: non bolognese, non italiano soltanto, ma (lo dico con fermo convincimento): lutto di tutta l'arte contemporanea! Ho l'animo tanto afflitto e abbattuto vicino a questa bara, ove giace l'amico dilettissimo, che volentieri mi tacerei se non dovessi parlare per debito d'ufficio. Luigi Serra fu da prima alunno della nostra Accademia di Belle Arti, poi il Capo Accademico onorò se stesso scrivendo il suo nome nell'albo dei professori emeriti. Ed ora i vecchi maestri divenuti suoi colleghi, per bocca mia, danno a Luigi Serra l'addio dell'ultima dipartita. Piacemi anche il vedere qui degnamente rappresentato dal suo rettore e da suoi amministratori il Collegio Venturoli: una istituzione da lungo tempo benefica all'arte, che accolse il Serra giovinetto, che era superba di lui e non tralasciò occasione di mostrarglielo, e non cessò mai di prodigargli conforti fino agli ultimi giorni di vita. E Luigi Serra era gratissimo al Collegio Venturoli. Essendo rimasto per tempo privo di padre, godeva di chiamarsi "Figlio del Collegio". Io vi ringrazio, o signori, di tutto quanto faceste per il vostro glorioso alunno; ve ne ringrazio in nome dell'arte e dell'amicizia! E voi, o giovani allievi, che siete ora nel posto che fu suo, chiamo fortunati perchè avete un nobilissimo esempio da ricordare e imitare. (Trascrizione di Francesca Sinigaglia, giugno 2022)