Rossi Martinetti Cornelia

Rossi Martinetti Cornelia

1781 - 1867

Note sintetiche

Scheda

Tra le donne da ricordare nella Bologna del XIX° secolo si può senz’altro annoverare Cornelia Barbara Rossi (1771-1867), moglie di Giovanni Battista Martinetti, architetto ticinese trasferitosi nella nostra città per seguire il padre e poi rimasto qui per completare gli studi e successivamente per il suo lavoro di architetto ed ingegnere urbanista. Anche lei, in quanto moglie di socio, frequentava la Società del Casino, ed era nella Commissione del ballo e in quella della musica. Cornelia era nata a Lugo nel 1781 dal conte Domenico Rossi e dalla nobildonna bolognese Marianna Gnudi. Ricevette un’ottima educazione sia presso il Collegio delle Nobili di Modena sia da valenti maestri, tra i quali una grande figura dell’Ottocento bolognese, il Cardinale Giuseppe Mezzofanti. La sua formazione fu prettamente umanistica anche se il periodo storico vide svolte culturali decisive rispetto alla tradizione. La contessa conosceva le quattro principali lingue europee, discorreva in latino, sapeva di musica ed era maestra di civetteria. Sposò Giovanni Battista Martinetti nel 1802: il marito aveva diciassette anni più di lei ed era, come già ricordato, un valente architetto ed ingegnere (tra le sue realizzazioni: villa Spada; villa Aldini; il riassetto della Montagnola; il progetto per il Teatro Contavalli; il progetto per la nuova strada Porrettana, che collegava Bologna con Firenze, e innumerevoli altre).

Dopo le soppressioni del periodo napoleonico, Giovanni Battista Martinetti acquistò in via San Vitale (ora civico 56) l’antico complesso monastico di suore benedettine con l’annessa cripta della chiesa dei Santi Vitale e Agricola. Grazie alla sua inventiva, l’intero complesso fu trasformato in una dimora sfarzosa e assai bizzarra, che egli donò alla bellissima e giovane moglie. L’orto del convento fu trasformato in un vasto giardino all’inglese adorno di statue neoclassiche, fontane, colonne e tempietti immersi in una ricca vegetazione; l’antica cripta romanica a tre absidi semicircolari divenne invece una grotta con finte stalattiti. Questa splendida casa era destinata a trasformarsi in uno dei salotti culturali meglio frequentati e più celebri d’Europa fino agli anni della Restaurazione Pontificia. L’affascinante e brillante contessa Cornelia aprì infatti i battenti ai migliori talenti del suo tempo, spesse volte risultandone la musa. Ugo Foscolo, ad esempio, le assegnò il ruolo di una delle tre Grazie nell’omonimo poema e anche Antonio Canova non rimase immune al suo fascino: si dice che avrebbe tentato di eseguirne un busto, ma che l’avesse poi distrutto perché non riusciva a riprodurre per intero la leggendaria bellezza della signora. Altri ospiti illustri del salotto e vittime del suo incanto furono Giacomo Leopardi, Stendhal, Byron e –si mormora- lo stesso Napoleone Bonaparte. Della stima di Stendhal è traccia la dedica autografa che gli scrive in una copia della sua Histoire de la Peinture en Italie datata 1816, comparsa in una asta Christie's del 2019. Quanto fosse magnetica la sua personalità lo si comprende anche da una missiva che il vescovo Giovan Battista Canova (fratello del celebre scultore), scrive al pittore Felice Giani da Roma il 15 aprile 1811: Non è questo il solo motivo che fa scrivermi. Ne ho un altro più importante per noi ed è la voglia che abbiamo di sentire come stia la nostra adorabile Cornelia. E' un secolo che non ci scrive e questo silenzio insolito non può essere senza fondamento. Toglieteci di ogni timore e, purchè sia bene in salute, di tutto il resto ci daremo pace. Ma vi prego a non essere tardo, perchè il desiderio nostro è impaziente d'ogni indugio e tale che, se più tardassero le nuove, noi quasi saressimo disposti a fare una corsa a Bologna solo per questo. (in 'Felice Giani. Un maestro nella civiltà figurativa faentina', Faenza, 1979)

Come in tutti i salotti mondani, anche in quello di Cornelia risuonavano frivolezze e poesie, s’intrecciavano flirt, si spettegolava, si affidavano appalti. Le autorità ecclesiastiche non accettarono mai che la cripta si fosse tramutata in un covo di mondanità filobonapartista, e le critiche nei riguardi della contessa furono molte e assai dure. Donna colta e raffinata, fu anche autrice di un romanzo: Amélie (pubblicato a Roma nel 1823). Morto il marito nel 1830, venne colpita da una malattia agli occhi che la rese quasi cieca e diradò man mano le sue apparizioni in pubblico, un po’ per non rovinare il ricordo della sua bellezza ed anche perché non avrebbe potuto più sostenere il ruolo di ospite. La sua attenzione verso la cultura 'salottiera' fu sempre alta, infatti in una lettera del 1843 al marchese Matteo Conti Castelli (conservata presso la Raccolta Piancastelli di Forlì), scrive: ...Mi duole di sentire così poco animata Bologna! Che peccato! Bologna ha in sé tutti gli elementi per riuscire ad ottenere una Società brillante e degna di una capitale. Le signore distinte e molto educate, sono molteplici in Bologna (...) ma solo manca il centro di riunione, ed una casa sempre splendida ed aperta a ricevere, riunire, e dare che tutte l'une l'altre ci conosciamo meglio, e ci amiamo di più!!

Un intenso ritratto di Cornelia ci è consegnato dalla scrittrice francese Louise Colet, che la incontrò spesso durante il suo soggorno bolognese del 1860: "Ella è ancora meravigliosa a vedersi; la sua bellezza incancellabile resiste alla longevità; ella ha saputo invecchiare armonicamente, per dirla con una frase della signora Rècamier, - il suo sguardo è sempre vivace, il suo sorriso affascinante, il suo naso greco flessibile e grazioso. Io non ho mai visti dei lineamenti più corretti e più dolci". Anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1867, il celebre giardino fu smembrato dalle lottizzazioni novecentesche, la cripta tornò luogo di culto, il palazzo passò ad altri (ora è Scagliarini Rossi). Il ricordo del fascino di Cornelia continua comunque ad aleggiare in città e forse è proprio quello che lei stessa avrebbe desiderato. Riposa nel monumento dedicato al marito, collocato nella Loggia di Ponente della Certosa di Bologna. L'epigrafe a lei dedicata ricorda: In questo stesso sepolcro da essa eretto in perpetua memoria dell'amato consorte, pure giace la gentildonna contessa Cornelia Martinetti nata Rossi di San Secondo. Di patrizia prosapia lughese che, ospite geniale e desiderata, raccolse in sua casa gli uomini più illustri del secolo, non solo d'Italia ma di Europa. N. a Lugo il MDCCLXXXI - m. a Bologna il MDCCCLXVII

La sua straordinaria vita viene così descritta nel periodico "Italia!" del febbraio 1913: "Era una più grandi bellezze del suo tempo, ammirata dal Canova e corteggiata da tutti i letterati di allora, italiani e stranieri, che passavano per Bologna. Ma era diventata vecchia, e discesa dagli altari, sebbene conservasse ancora i segni dell'antico splendore e avesse ingegno e coltura non comune. «Questa, avendo la vista corta, si spingeva vicin vicino alle coppie dei ballerini nella contradanza d'onore, e per quanto mi sforzassi di trattenerla pur mi trascinava innanzi riluttante. Alla fine un ufficiale d'ordinanza dei principi, certo signor DeMaudius, rivoltandosi alla mia dama con mal piglio e con voce arrogante, le disse: «Mais, madame, vous voulez domc vous accrocher aux habits des princes. Io, sebbene seccato da quella posizione, risposi bruscamente che quello non era il modo di trattare con le signore. Ed egli: â plus tard: e mi indicò una delle sale per ritrovo. Dopo aver ricondotto la mia dama al suo posto, andai subito in quella sala ad aspettarlo, e passeggiava innanzi e indietro, pensando fra me stesso che mi trovavo impegnato in quella che suol chiamarsi una partita d'onore. E sebbene non sentissi nessuna paura di battermi, anche per essere abbastanza esperto nella scherma, pure non sapevo darmi pace di fare un duello per una vecchia. Venne il signor Maudius, ma però quantum mutatus ab illo / La galanteria francese aveva ripigliato l'impero nel suo animo, ed egli mi venne incontro chiedendo della signora e confondendosi in iscuse per il suo mal tratto. Il Minghetti accompagnò dalla contessa l'ufficiale, dicendo che veniva per chiederle perdono delle parole pronunziate. E la contessa, con molto spirito, rispose prontamente: De quoi donc, monsieur? Je n'ai rien entendu. Risero insieme... e così Marco Minghetti non ebbe il suo primo duello per la bellissima Cornelia Martinetti, una delle tre Grazie cantate da Ugo Foscolo. Chi studi la storia letteraria del primo terzo del secolo, incontra spesso, nelle lettere dei maggiori poeti, nelle notizie dei giornali, nei ricordi dei viaggiatori, negli entusiasmi degli artisti sommi (basti il Canova) il nome di Cornelia Martinetti, nata contessa Rossi di Lugo; chi ricerchi nell'epistolario le passioni amorose – così frequenti e tumultuose – di Ugo Foscolo, riconosce che fra le lettere galanti tengono il primo posto quelle alla Martinetti, perchè in esse – bene osserva il Chiarini – la galanteria è quasi direi provocante e battagliera: è tutta punte argute ed acute che vorrebbero non solamente solleticare ma vorrebbero ferire ed arrivare fino a quel tal muscolo che chiamasi cuore. La casa della Martinetti a Bologna – che le male lingue del tempo chiamavano classicamente il tempio di Venere – fu descritta dal Foscolo con versi immortali. Qui convenivano i letterati maggiori, i viaggiatori, gli artisti e sopratutto gl'innamorati – un esercito! – tutti intenti all'adorazione della bellissima bruna. E la bellissima piena di grazia e di coltura tutti intratteneva piacevolmente, insuperabile nell'arte del conversare, oltre che in quella dei sorrisi. Così che quando la parola degli amici sdrucciolava pei declivi d'amore, essa con un sorriso compensava l'amico Giordani che stava in disparte e si indispettiva e si ingelosiva delle adorazioni dei nuovi accoliti che vedeva crescere di numero intorno alla dea incantatrice. «La Martinetti è la donna più pericolosa che io mi abbia ve duto mai. Se non che il suo troppo buon umore e quegli occhi che dardeggiano con certa prepotenza sono meno da temersi da noi. Guardati, Sigismondo, dalla mesta soavità, e da quegli occhi che, raggiando dolcemente sotto due palpebre di seta nerissima, par che ti chieggano compassione: guardati, Sigismondo, dalle donne patetiche». Così Ugo Foscolo all'amico suo Sigismondo Trechi scriveva, da Bologna nel 1812. E mentre così consigliava l'amico, Ugo Foscolo, per conto suo, scriveva lettere di fuoco alla bellissima: lettere di fuoco che cominciano col lei, passano al voi, le offrono la dedica della traduzione dello Sterne; e finiscono Ciò che tu puoi mi dona / E poi lascia ch'io sogni e che deliri. «Addio Cornelia mia, ti mando un bacio, e poi un altro; e poi chiudo la lettera mormorando altri tre versi non miei, ma fatti, credo, sino dall'età del Petrarca, tutti per te.» (...) Cornelia si sposò il 24 febbraio 1802 a Bologna coll'ingegnere architetto e matematico G. B. Martinetti, che era nato il 24 dicembre 1764 a Bironico, nel Canton Ticino presso Lugano, ed era stato chiamato giovanetto a Bologna dal padre suo amorosissimo, che voleva vigilare da sè stesso alla educazione del figlio. Il Martinetti – che ben poco è ricordato dai biografi recenti della diva Cornelia – fu uomo di ingegno, ingegnere valente in idraulica (lavorò nel Reno e ne ebbe lodi) e in architettura anche stradale, poichè è opera sua parte della via Porrettana. Innalzò vari edifici a Bologna, fra cui la bella villa Aldini: fu chiamato a Roma dal cardinale Consalvi e vi costruì il Macello e altre opere; e lavorò nella bonifica dell'agro romano e alle famose paludi pontine. La fortuna, incontrata a Bologna, lo seguì amica a Roma: ebbe cariche ed uffici, ed estimazione, conseguì averi: fu ricercato come compositore dei più difficili contrasti di persone e di interessi. Il suo buon carattere era fatto per accomodare i dissidi. Cadde poi in disgrazia, e tornò a Bologna, dove continuò l'esercizio della professione, e morì, dopo penosa e lunga malattia, nell'ottobre del 1830. Francesco Orioli, l'illustre scienziato e patriotta che ebbe tanta parte nella rivoluzione del 1831 e fu poi esule a Parigi, ne scrisse l'elogio affettuoso nell'Antologia del dicembre 1830: elogio che è noto e fu citato dai biografi della signora. Ma l'elogio, anzi il ritratto più bello ed affettuoso è quello che ne scrisse la vedova di lui consorte Cornelia Rossi, e fu stampato nel 1831 a Bologna, e rimase ignoto a tutti i biografi i quali possono ritrovare in quelle quattordici pagine (unico scritto italiano della Martinetti) un documento umano (come dicono adesso) di grande importanza. (...) Si sapeva che le erano famigliari le lingue francese, tedesca, inglese e spagnuola, e si diceva che conoscesse il greco e il latino, insegnatole dal celebre Mezzofanti. Nella Biblioteca comunale di Bologna si conservano di lei, lettere scritte correttamente in francese, con quel carattere fine, diritto, elegante, sicuro, che il Foscolo lodava con tanta ammirazione e che anticipa la scrittura moderna delle signore. Per la cortesia di un pronipote di lei – l'avvocato Rossi di Bologna – ho potuto, anni sono, esaminare alcuni volumi che la bella Cornelia preferiva: il suo Omero in greco; e la Storia universale del Muller (4 volumi, Parigi, 1813). Codesti volumi producono una grande sorpresa a chi li osserva. In tutti i larghi margini, nelle pagine bianche, fra le righe, Cornelia ha scritto con quel suo carattere fermo ed elegante, i pensieri suoi o quelli altrui, che la lettura le faceva ricordare. Citazioni latine, greche, tedesche, inglesi, brani di autori, confronti, richiami, paragoni, osservazioni acute, commenti dottrinali, richiami di filosofi e di poeti d'ogni tempo e d'ogni nazione vi si trovano. Chi scriveva quelle note possedeva certo una grande, una mirabile coltura, ed una attitudine allo studio che non sarebbe altrimenti possibile di supporre in una testina così avvolta dalle nubi di incenso di tanti adoratori."

Idioma español. Entre las mujeres a tener en cuenta en la Bolonia del siglo XIX sin duda podemos contar Cornelia Barbara Rossi (1771-1867), esposa de Giovanni Battista Martinetti, arquitecto suizo que se trasladó a nuestra ciudad para seguir a su padre y luego se quedó aquí para completar sus estudios y más tarde por su trabajo como arquitecto e ingeniero urbano. Ella, como esposa de socio, también asistió a la Compañía de Casino, y estuvo en el Comité de Danza y Música. Cornelia nació en Lugo en 1781 por el conde Domenico Rossi y la noble boloñesa Marianna Gnudi. Recibió una excelente educación tanto en el Colegio de Nobles Módena que por profesores con talento, incluyendo una gran figura del siglo boloñesa, el cardenal Giuseppe Mezzofanti. Su formación fue puramente humanística, aunque el período histórico vio desarrollos culturales decisivos en relación con la tradición. La condesa conocía los cuatro principales idiomas europeos, hablaba latín, sabía de música y le gustaba coquetear. Se casó con Giovanni Battista Martinetti en 1802: su marido era diecisiete años mayor que ella y era, como ya se ha mencionado, un arquitecto de talento e ingeniero (entre sus logros: Villa Spada; Villa Aldini, la reorganización de la Montagnola, el proyecto para el Teatro Contavalli el proyecto de la nueva carretera de Porrettana, que conectaba Bolonia con Florencia, e muchos màs). Después de las supresiónes del período napoleónico, Giovanni Battista Martinetti compró en via San Vitale (ahora el número 56) el antiguo monasterio de monjas benedictinas y la cripta adyacente a la iglesia de Santi Vitale y Agricola. Gracias a su inventiva, todo el complejo se transformó en un hogar precioso y muy extraño, que le dio a su bella y joven esposa. El jardín del convento fue transformado en un vasto jardín Inglés adornado con estatuas neoclásicas, fuentes, columnas y templos inmersos en una rica vegetación; la antigua cripta románica en tres ábsides semicirculares se convirtió en una cueva con estalactitas falsas. Esta hermosa casa fue destinada a convertirse en uno de los mejores salones culturales más activos y más famosos de Europa hasta los años de la Pontificia Restauración. La encantadora y brillante Condesa Cornelia le abrió las puertas a los mejores talentos de su tiempo, a menudo resultando en la musa. Ugo Foscolo, por ejemplo, le asignò el papel de una de las Tres Gracias en el poema homónimo y también Antonio Canova no fue inmune a su encanto: se dice que intentò hacerle un busto, pero que más tarde lo destruyó porque no podía reproducir la belleza legendaria de la dama en su totalidad. Otros distinguidos invitados en la sala de estar y víctimas de su encanto fueron Giacomo Leopardi, Stendhal, Byron y -se mormora- el mismo Napoleon Bonaparte. Como en todos los salones mundanos, tambièn en lo de Cornelia resonavan frivolidad y poesía, se coqueteaba, se burlaba, se hacian negocios. Las autoridades eclesiásticas nunca aceptaron que la cripta se había transformado en una patria de mundanerias pro-Bonaparte, y las críticas de la condesa fueron muchas y muy difíciles. Mujer letrada y refinada, también fue autora de una novela: Amélie (publicada en Roma en 1823). Despues dela muerte de su marido en 1830, fue golpeada por una enfermedad ocular que la hizo casi ciega y espaciò sus apariciones en público, un poco para no arruinar el recuerdo de su belleza y también porque ya no podía apoyar el papel de invitado. Siempre tenìa una grande atención a la cultura de 'salón', asì que en una carta de 1843 a el Marchese Matteo Castelli Conti (conservado en la colección de Piancastelli de Forlì), ella escribe: ... Lo siento de oír Bolonia tan poco animada! ¡Qué lástima! Bolonia tiene todos los elementos para poder obtener una empresa brillante y digna de un capital. Las damas distinguidas y muy educadas son muchas en Bolonia (...) pero solo falta el centro de reuniones, y un hogar que sea siempre hermoso y abierto para recibir, unir y dar lo mejor a todos, ¡y nos amamos más! Un intenso retrato de Cornelia nos es entregado por el escritor francés Louise Colet, que a menudo se reunió durante su permanencia en Bolonia en 1860: "Ella es todavía hermosa a la vista, y su belleza indeleble resiste la longevidad; ella ha sido capaz de crescer armoniosamente, para poner con una frase de la señora Recamier - su mirada es siempre animada, su encantadora sonrisa, su flexible y elegante nariz griega. Nunca he visto lineamientos más correctas y más dulces." Años después de su muerte en 1867, el famoso jardín fue desmembrado por subdivisiones del siglo XX, la cripta regresó lugar de culto, el edificio pasó a otra familia (ahora Scagliarini Rossi). La memoria de el encanto de Cornelia aún sigue rondando en la ciudad, y tal vez eso es lo que ella hubiera querido. Se apoya en el monumento dedicado a su marido, colocado en la Loggia di Ponente de la Certosa di Bologna. La inscripción a ella dedicada recuerda: En esta misma tumba erigida en memoria perpetua de el amado esposo, también se encuentra la señora condesa Cornelia Martinetti nacida Rossi de San Segundo. De noble familia de Lugo que, anfitrión brillante y deseado, reunió en su casa los hombres más ilustres del siglo, no sólo en Italia, sino en Europa. N. en Lugo el MDCCLXXXI - m. en Bolonia el MDCCCLXVII. Traducción de Giancarlo Caramadre

In collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

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