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Progetto per la volta del Pantheon

1827 ca.

Schede

Il disegno di Filippo Pedrini proviene da un libretto di 60 disegni riferibili soprattutto al Settecento bolognese acquistato nel 1916 dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna dal parroco di Santa Cecilia della Croara, don Paride Guglielmo Lucarotti. Esso è stato di recente oggetto di studio da parte di Alessandro Zacchi e Antonella Mampieri, che ne hanno approfondito la lettura sia in relazione ad altri disegni dell’artista sia in rapporto al contesto storico e iconografico per il quale venne realizzato. Il presente disegno costituisce infatti una delle tappe del processo ideativo per la realizzazione del dipinto della volta del Pantheon della Certosa, una sala la cui realizzazione venne deliberata dal Consiglio Comunale del 1821, ma che venne eseguita a partire dal 1825, destinata a contenere i busti scolpiti degli “uomini illustri e benemeriti della patria”. Il progetto architettonico, elaborato nello stesso 1825 dall’ingegnere Giuseppe Tubertini, prevedeva un ambiente ovale sostenuto da colonne e coperto con un soffitto destinato ad essere decorato con un tipico sfondato prospettico, caro alla tradizione illusionistica bolognese, mentre le pareti dovevano ospitare i busti degli uomini illustri i quali vennero effettivamente realizzati a decine nel corso del XIX e XX secolo, a partire dal primo eseguito dallo scultore Giacomo De Maria dedicato ad Antonio Magnani.

Come ha mostrato Antonella Mampieri, la scrittura privata del 1827 tra l’Assunteria del cimitero e Filippo Pedrini cita la stesura, purtroppo al momento non rintracciata, di un complesso programma iconografico nel quale il ruolo centrale era svolto dalla figura della Religione trionfante, un programma che dovette essere elaborato con l’approvazione dei due eruditi più in vista di Bologna, Giuseppe Mezzofanti e Filippo Schiassi. La lettura dei tre disegni preparatori per il soffitto di cui ora parleremo, mostra come il programma lasciò comunque spazio a Pedrini nella distribuzione e elaborazione delle figure principali che vennero studiate in vari atteggiamenti e disposizioni.

In un foglio della Fondazione Giorgio Cini di Venezia (inv. 31811) e in un disegno di collezione privata, le figure si distribuiscono davanti al colonnato intorno alla Religione, vestita in maniera classica nel primo caso e abbigliata con un ricco piviale nel secondo. Tra il primo e il secondo disegno, cambiano le dimensioni della croce, da monumentale a più ridotta, compare nel secondo la figura di un angioletto che sostiene le tavole della legge, ed inoltre la probabile figura della Storia raffigurata a sinistra nel primo disegno viene sostituita dalla personificazione della Pittura del secondo. In entrambi i fogli, sulla destra, un angelo addita a Felsina la Religione, mentre in basso le figure, difficilmente riconoscibili nel dipinto realizzato a causa delle cattive condizioni conservative solo in parte recuperate a seguito di un restauro, sono probabilmente identificabili con la Musica, con una figura armata raffigurante forse Minerva, e con la musa dell’Astronomia Urania.

Il disegno della Pinacoteca si concentra invece propriamente sulla figura della Religione, vestita con piviale, che tiene in una mano la croce e nell’altra le chiavi simbolo del dominio papale, affiancata da un angioletto che sostiene i Vangeli e da un altro che mostra le tavole della legge. Come compare in tutti i disegni e nella volta dipinta, la testa della Religione è raggiata, mentre solo nel disegno della Pinacoteca è presente la colomba dello Spirito Santo. Sul verso del disegno è presente una dedica, probabilmente autografa, indirizzata all’arcivescovo di Bologna Carlo Opizzoni. Questa dedica rivela il ruolo che dovette rivestire nell’elaborazione del soggetto il clima religioso presente in città in quegli anni, nel culmine della Restaurazione, e la stessa influenza che il cardinale dovette esercitare nei confronti della Certosa, da lui riconosciuta canonicamente nel 1816. Dal punto di vista stilistico, il disegno della Pinacoteca rispecchia il fare proprio di Pedrini, formatosi nella tradizione gandolfiana, ed influenzato da orientamenti neoclassici. Come si rileva in altri disegni della Pinacoteca di Bologna a lui attribuiti, quali lo Studio di figura femminile seduta volta a destra (inv. 1779) o ancor più il Giove con una figura femminile sulle nuvole (inv. 1934), le ombre realizzate ad acquerello delimitano zone spesso geometriche, che interagiscono con il fare fluente, ma a tratti spezzato, delle linee. La presenza di questi tre disegni è di estrema importanza, in quanto il soffitto, che conobbe problemi di conservazione già poco dopo la sua realizzazione, permette oggi una lettura frammentaria essendo andate perdute numerose figure ed essendo fortemente ridipinto (fig. a). I disegni ci restituiscono pertanto una freschezza interpretativa lontanamente intuibile da quanto sopravvive nella sala.


Elena Rossoni

Testo tratto da: Buscaroli B., Martorelli R. (a cura di), Luce sulle tenebre: tesori preziosi e nascosti della Certosa di Bologna, catalogo della mostra, Bologna, Bononia University Press, 2010