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Monumento Valdem

1842 | 1844

Schede

Presso la colonna che sostiene l'urna, sosta la Musa Erato, il cui volto e l'incurvata figura si mostrano di profilo, esprimendo sfinimento che sublima in consapevole serenità. Drappeggiata con perizia, l'essenziale, lunga tunica svela appena gli aggraziati piedi fasciati da sandali. La sottile cintura trattiene veste e palio, il cui lembo riceve, sul braccio destro, la fronte reclinata della fanciulla. Sul medesimo lato, mentre la sinistra quasi accarezza il cippo, l'elegante mano sostiene a stento una corona di fiori campestri e rose, attributo della musa e allusione al poeta Francesco, prematuramente scomparso a 38 anni nel 1842. La Rosa è simbolo di bellezza spirituale e rigenerazione, utilizzata nei riti greci, come illustra la Teotochi, “ad alludere all'umana vita, fior d'un momento essa pure, come la rosa brillante al sorgere del mattino, e all'apparir d'Espero, come quella, appassita, e languente”. La Corona è in diretto rapporto compositivo con l'altra allegoria, una semplice Face riversa.

Come abbandonata presso il cippo, al termine del funebre tributo, la fiaccola contribuisce all'unificante configurazione piramidale d'insieme, che convoglia gli amorosi sensi al suo vertice: l'urna ovoidale, indizio di rinascita e nitido sfondo, al contempo, per il capo della figura dolente. Meditata essenzialità che, se potrebbe apparire generica per l'assenza dell'effige o erma, proprio questa rende superflua, nell'originale adesione al dettato canoviano. Primari riferimenti, nell'ambito dell'opera del maestro veneto, sono le steli dedicate ai Mellerio (1812-13), mentre tra gli elementi di dettaglio trova corrispondenza, in un suo busto di musa, l'acconciatura raccolta in una crocchia di trecce, consona a una composta afflizione. Al linguaggio neoclassico dell'altorilievo marmoreo, quasi a tutto tondo e di misurato effetto scenografico, si contrappone la cimasa di più greve gusto eclettico, svelando la tarda esecuzione (1842-44). Sostenuto da robusto echino a ovoli profondamente incisi, il timpano arcuato appare piuttosto neorinascimentale che greco, nonostante gli “archeologici” acroteri a baccelli; al suo centro serti d'alloro e lira, simboli della poesia. Sul basamento, l'epigrafe di Giuseppe, scomparso nel 1824 all'età di 53 anni, si mostra adorna di caduceo del commercio e àncora, emblema di fede e rettitudine. Il monumento Valdem è opera ancora giovanile e oltremodo significativa del Piccioli. Formatosi nelle Accademie di Modena e Bologna, fin dai primi cimenti dimostrò precipue qualità tecniche nell'adesione a disparati modelli e stilemi, per poi percorrere, felicemente, la via del realismo borghese nella memoria Lorenzini (1876), preceduta in Certosa e fin dal 1838 ca, da altre realizzazioni tra cui il busto del Palagi (1863).

Dario Zanverdiani, agosto 2012

Bibliografia: I. Teotochi Albrizzi, Opere di scultura e di plastica di A. Canova, Pisa 1821-24, II, III, IV; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, Torino 2003. Fonti archivistiche: Certosa di Bologna, Archivio, foglio sepolcrale Valdem, 1844, acquisto della sepoltura da parte di Alfonso Insom.
Testo tratto da: R. Martorelli (a cura di), La Certosa di Bologna - Un libro aperto sulla storia, catalogo della mostra, Tipografia Moderna, Bologna, 2009.