Monumento di Maria Barbieri

Monumento di Maria Barbieri

1818

Scheda

Da datarsi al 1818, il monumento fu realizzato da Giovanni Putti, su disegno dell’architetto Angelo Venturoli. L’arco sepolcrale fu acquistato dal marchese Virgilio Davia, esecutore testamentario della defunta Maria Caterina Isabella Barbieri vedova Mattioli, nel marzo del 1817.

Il 6 maggio 1818 il prosegretario dell’Accademia comunicò al senatore Scarselli il giudizio della commissione accademica che aveva esaminato i due bozzetti per i monumenti Buratti e Barbieri Mattioli. Relativamente a quest’ultimo monumento gli accademici chiesero che «il gruppo della Carità fosse meno grandioso ed un poco più stretto di proporzioni onde piramidasse maggiormente, e che la figura della Fede fosse meglio vestita, e la sua croce non interrompesse la linea dei putti del suddetto gruppo», aggiungendo: «siccome la Commissione osservando i due Modelletti non può rilevare la purità dei dettagli, prega quindi l’Autore di eseguire il lavoro con tutta la possibile esattezza assicurandolo che sempre gli sarà confermata la stima che l’Accademia ha del merito suo» (1). Il progetto di Venturoli fu realizzato senza modifiche, eccetto il particolare dei due medaglioni con i ritratti di Isabella e del marito Gaetano Mattioli che fu mutato in un unico medaglione con l’effigie della sola defunta. Era infatti diversa, rispetto all’interpretazione di Venturoli, l’intenzione dell’esecutore testamentario che, nella richiesta d’acquisto di un «Arco nella parte di levante del Gran Chiostro» contro il consueto pagamento di cento scudi e di altri sessanta «per il luogo che rimane dietro all’Arco», specificava: «onde formarvi una nicchia che contenga il monumento alla Sig.a Mattioli» (2).

Virgilio Davia sicuramente interpretava l’ultimo desiderio di Isabella che si era preoccupata di disporre la realizzazione di un monumento a se stessa e non al marito; un atteggiamento eccentrico che sembra confermare appieno ciò che Giuseppe Giudicini, più tardi, nel suo Diario scrisse di lei: «Questa Barbieri, donna vanarella, che era stata ballerina, poi maîtresse dell’arcivescovo di Colonia, si era maritata in Germania a certo Mattioli, Parmeggiano, suonatore di violino. Coi regali, avuti dall’amante e fatti fruttare dal marito, ammassò un certo patrimonio, minore però di quanto si decantava in città» (3). Grazie al prestigioso ruolo di consigliere dell’Arcivescovo di Colonia ed Elettore Palatino Massimiliano Federigo, che la estrosa Isabella era riuscita a fare avere al marito, a Bologna era considerata una dama dell’alta borghesia, molto conosciuta e della quale molto si parlava, che doveva essere in rapporti amichevoli con Giovanni Putti se il 4 settembre 1809 fu la madrina del neonato Massimiliano, secondogenito dello scultore che godeva già di buona fama. Proprio nel medesimo anno aveva realizzato le due Piangenti da porsi sui pilatri del cancello del nuovo ingresso della Certosa e si apprestava a trasferirsi a Milano dove lo attendevano importanti commissioni pubbliche. Il monumento sembra rifarsi, fin nei suoi particolari, alle opere di Antonio Canova: ad esempio dal monumento fiorentino a Vittorio Alfieri è ripreso, senza varianti, il motivo simbolico della corona di alloro con nastri posta nel timpano del sarcofago. Canoviana è anche l’idea dell’Allegoria della Fede con l’alta croce lignea (che è però esile e trilobata, e non ha nulla dell’essenziale e grandiosa insegna cristiana del monumento a Clemente XIII) alla destra del sarcofago, nonostante l’intero complesso scultoreo (la Fede appunto, l’Allegoria della Prudenza con la serpe e lo specchio suoi attributi e, soprattutto, il gruppo della Carità connotato da intricati panneggi) riveli la propensione del plasticatore verso stilemi di gusto popolare e neobarocco.

Emanuela Bagattoni

(1) Lettera del prosegretario della Pontificia Accademia Leandro Marconi al senatore Cesare Alessandro Scarselli, 6 maggio, 1818 (Bologna, Archivio Storico Comunale, Carteggio amministrativo, Titolo XV, Rubrica 2, anno 1818). (2) Lettera del marchese Virgilio Davia al senatore Scarselli, non datata ma riferibile alla metà del marzo 1817 (ASCBo., Carteggio amministrativo, Titolo XV, Rubrica 2, anno 1817). (3) Guidicini, 1886-88, vol. IV, p. 43.

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