Freud, Bologna e la Certosa

Freud, Bologna e la Certosa

1 Settembre 1896

Scheda

Il primo settembre 1896 Sigmund Freud (1859 - 1939), scrive dalla città di Bologna alla moglie Martha: “Trattoria dopo aver scoperto mezza città. Città stupenda, pulita, con piazze e monumenti colossali. Visitato un Museo Civico, Alex morto, io fresco come una rosa. Giornata bellissima, non calda, il vino già delizioso. Qui certo occasione per comperare paccottiglia. Chiese ed arte qui per fortuna meno coercitivi. Penso con gioia alle torri pendenti e all'Università nel pomeriggio. Resto qui ancora domani, mercoledì 2/9, perciò spedito telegramma per avere notizie.”

Il giorno seguente come sua consuetudine si rivolge alla moglie inviandole una nuova cartolina postale in cui dice: “Ieri molto piacere per il telegramma. Vista una chiesa molto bella e il Campo Santo, di cui comperate 2 foto. Oggi visto il più bel quadro di Raffaello, la Santa Cecilia. Adesso alla fine piove e ci rovina escursione con programma di visite. Domani sarà una giornata di lavoro. Alle h. 5.30 partenza per Ravenna dove c'è molto da vedere ma niente da mangiare, la sera da lì alla volta di Firenze, arrivo in nottata. Il cibo qui è quasi troppo buono. Non c'è davvero da preoccuparsi per noi.” Freud visita brevemente questa città prima di partire per Ravenna e infine fare una sosta un po' più lunga a Firenze. Non sono stati trovati altri documenti o testimonianze relativi alla presenza di Freud in città, se ne deduce quindi che la visita sia avvenuta in forma privata. Solo queste due lettere, dal tono molto personale, sono il resoconto scritto che lui fa alla sua famiglia. Il fratello minore Alexander è in questa occasione e in altre suo fedele compagno di viaggio. Le vacanze di Freud, assiduo viaggiatore, solitamente si svolgono tra agosto e settembre (è a Bologna l'1 e il 2 settembre). Nell'estate 1895 compie il primo viaggio a solo scopo di piacere; si deve ricordare che teme i viaggi in treno ed è per questo che li effettua solo in età matura grazie alla scomparsa della fobia dovuta alla pratica dell'autoanalisi. Dalle lettere capiamo quanto il turista Freud sia curioso e attento osservatore delle bellezze dei luoghi e dei paesaggi, ama provare la cucina locale e il comfort alberghiero, dedica parte del viaggio a scegliere souvenir; gli itinerari vengono preparati in modo approfondito, studia manuali e libri sulle città che intende visitare; la guida Baedeker è per lui, come per tanti turisti dell'epoca, un pratico manuale di viaggio che gli permette di pianificare il percorso direttamente sul luogo. Il viaggio per Freud oltre ad essere visto per sua stessa ammissione come una fuga dalla famiglia, è molto utile perché gli permette di raccogliere spunti per le sue teorie, infatti alcuni dei suoi lavori sono nati in questo modo; ed ecco che scrive alla moglie: “Le molte belle cose che si sono viste portano di certo, prima o poi, non si sa quali frutti”.

In una fotografia Sigmund Freud è ritratto all'interno della sua casa viennese probabilmente in una sala dello studio. Appesi alla parete si scorgono alcune riproduzioni fotografiche, che con una più accurata visione, sono ben riconoscibili. Sono tutte immagini di monumenti e vedute italiane che Freud aveva acquistato nei diversi luoghi visitati. Si possono scorgere vedute di Venezia, Ravenna, monumenti fiorentini e bolognesi. Alla sua sinistra si intravedono le Due Torri e posizionati sopra la testa due particolari di monumenti funebri del cimitero della Certosa. Come si può leggere dalle lettere inviate alla moglie lo psicoanalista, o meglio, il padre della psicoanalisi si reca al “Campo Santo” e si può supporre che la “chiesa molto bella” di cui parla sia la chiesa di San Girolamo della Certosa. Le “2 foto” citate sono le stesse dell'immagine nello studio, queste fotografie sono state realizzate da Pietro Poppi la cui ditta fotografica era famosa per le riproduzioni di vedute urbane e di opere d'arte tra le quali una vasta quantità di opere scultoree della Certosa. I due monumenti scelti da Freud sono rispettivamente opera di Carlo Monari (Bersani) e di Augusto Rivalta (Minghetti). Carlo Monari (1831-1918) allievo di Cincinnato Baruzzi, è un rappresentante della scultura bolognese del tardo Ottocento ed in particolare del “realismo borghese”. Lavora soprattutto in Certosa e riceve le commissioni di alcune opere pubbliche. Freud acquista la riproduzione della tomba Lanzi Bersani che Monari esegue nel 1883. Dall'epigrafe si legge che il monumento è dedicato a Clementina Lanzi Bersani, qui attorniata dai figli, sposata due volte, muore “compiuti i nove lustri della sua età virtuosamente vissuta”. Augusto Rivalta (1835-1925) allievo di Giovanni Duprè, segue l'indirizzo verista realizzando in Italia numerosi monumenti celebrativi e lavora in modo particolare nel cimitero di Staglieno a Genova. In Certosa esegue il monumento di Achille Minghetti, da collocarsi all'incirca attorno al 1872; la rappresentazione celebra la morte prematura di un bambino della famiglia. I fratellini sono descritti in modo estremamente particolareggiato sia nelle pose che nell'abbigliamento.

Non ci è dato sapere quale sia il motivo che ha spinto Freud ad acquistare queste due fotografie, si può solo ipotizzare che siano legate al suo ben noto interesse, ovvero, “l'uomo di fronte alla morte”, di cui lungamente ha scritto. Le sue opere più famose come Lutto e melanconia del 1917 o Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte (1915), tanto per citarne alcune, trattano ampiamente l'argomento. Tra le sue mete italiane oltre alla Certosa si ha notizia di una visita al cimitero di Staglieno a Genova nel 1905. Volendo azzardare un'altra spiegazione ci si può soffermare sui soggetti ritratti, in entrambi i casi siamo di fronte a scene in cui è protagonista l'infanzia; nei mesi in cui Freud compie questo viaggio suo padre malato si era ulteriormente aggravato e di lì a poco sarebbe morto. Questa ipotesi è decisamente un po' forzata ma la scelta delle immagini potrebbe essere in un qualche modo collegata a motivazioni personali, avendo presente che lo stesso Freud sostiene che la morte del padre lo ha segnato molto e ha scatenato in lui numerose reazioni, una delle principali è l'avvio della sua collezione d'arte. In quel periodo scrive all'amico Wilhelm Fliess: “Ho arredato il mio studio con copie in gesso di statue fiorentine. Sono state per me fonte di grande rinnovamento e conforto.” Nel dicembre del 1896 acquista i primi oggetti, esattamente due mesi dopo la morte del padre. Anche la tipologia di antichità che predilige possono essere ricondotte alla perdita del padre; sono quasi tutti reperti provenienti da tombe, soprattutto sculture, in particolare egizie ma anche greche, romane e negli ultimi anni cinesi. E' importante ricordare che la vita di Freud coincide con la nascita dell'archeologia moderna (i primi ritrovamenti di Schliemann risalgono al 1873) e i giornali dell'epoca descrissero ampiamente queste scoperte. Negli anni '90 addirittura inizierà ad utilizzare un'analogia con l'archeologia per descrivere la sua nuova pratica terapeutica sostenendo che i ricordi rimossi come l'oggetto antico vengono riportati alla luce.

Visto l'interesse di Freud per l'archeologia è probabile che un altro motivo a spingerlo in Certosa siano stati gli scavi effettuati da Antonio Zannoni nel 1869 per riportare alla luce il cimitero etrusco. Il primo giorno di visita a Bologna Freud si reca al Museo Civico Archeologico nato pochi anni prima (nel 1881) e sicuramente in questo luogo avrà avuto modo di vedere i reperti rinvenuti in Certosa. Nel 1897, Freud ha cominciato da alcuni mesi a collezionare e inizialmente acquista calchi in gesso (ufficialmente riconosciuti), incisioni di opere di antichi maestri, tutti oggetti a buon mercato. Possiamo dedurre che anche delle semplici riproduzioni di monumenti e luoghi visitati abbiano per lui la stessa importanza di un'opera di valore, infatti sono posizionate sulla parete, in alcuni casi provviste di cornice proprio come se fossero dei quadri. Confrontando diversi scatti fotografici dello studio di Freud, si può notare quanto si sia arricchita la collezione nel corso degli anni: lo studio in cui si trova il famoso divano, la scrivania e la biblioteca ospitano oltre duemila oggetti. Queste opere sono disposte come in un uditorio, rivolti verso la scrivania; Freud ha con questi oggetti un rapporto particolare, rivolge ad alcuni di loro il saluto e spesso se li porta a tavola per osservarli meglio. La collezione racchiude in sé diversi aspetti, da un lato biografici e professionali e dall'altro la passione per l'arte e l'attività di collezionista; è lo stesso Freud ad ammettere di aver letto più di archeologia che di psicanalisi.

Cecilia Cristiani

Bibliografia: B. Buscaroli, R. Martorelli (a cura di), Luce sulle tenebre: tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, Bononia university press, Bologna, 2010; E. Engelman, Bergasse 19, Lo studio e la casa di Sigmund Freud, Abscondita, Milano, 2010; L. Gamwell, R. Wells (a cura di), Freud e l'arte: la collezione privata d'arte antica, Il pensiero scientifico, Roma, 1990; G. Pesci (a cura di), La Certosa di Bologna: immortalità della memoria, Compositori, Bologna, 1998; G. Ricci, Le città di Freud, Jaca Book, Milano, 1995; C. Togel (a cura di), Sigmund Freud, Il nostro cuore volge al sud, Saggi Bompiani, Milano, 2003. Sitografia:www.psicoart.unibo.it

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Mappa turistica della Certosa
Tipo: PDF Dimensione: 1.09 Mb

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Portici di Bologna (I)
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