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Cella Gancia

1892 - 1896

Schede

La cappella è situata non distante dalla cella Cillario, entrambe opera della medesima terna di artisti: Attilio Muggia per l’architettura, Achille Casanova per la parte musiva e Tullo Golfarelli per i gruppi scultorei. Le due famiglie erano imparentate e i Gancia furono produttori di pregiati liquori. La cella, ricavata in un profondo arco di portico voltato a botte, presenta una leggera abside in cui è collocata una statua. Nel progetto di Muggia sembrerebbe una Madonna con il Bambino, in una configurazione diversa da quanto poi realizzata. Oggi infatti la figura femminile ha preso le sembianze piuttosto di un angelo che tiene in braccio il piccolo Gesù, mentre ai piedi, compare un San Giovannino coperto dalla tipica veste di pelli. Nel nostro disegno anche la decorazione della lunetta, con una Pietà, differisce da quella attuale, ove un San Giovanni Evangelista regge un cartiglio con l’incipit del suo vangelo. La decorazione architettonica attinge al vocabolario dello stile neorinascimentale tipico di Muggia. Achille Casanova, artista di punta della corrente Aemilia Ars, è in quegli anni impegnato nella decorazione di numerosi edifici in città, fra cui l’appartamento del Conte Cavazza nell’omonimo palazzo di via Farini dove prevale il tema naturalistico, floreale in particolare. La decorazione a mosaico della volta è derivata dalla decorazione musiva del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. Sul versante delle committenze pubbliche si segnala la nuova Sala dei Matrimoni in Comune di cui Casanova è responsabile per la parte decorativa, ma restano anche tracce di un coinvolgimento di Attilio Muggia nella progettazione di un solaio con la nuova tecnica del calcestruzzo armato. Nelle carte dell’Archivio Muggia in deposito presso l’Università di Bologna, è conservato questo bozzetto dello stemma di famiglia, concordemente attribuito al Casanova. Le due epigrafi collocate sulla parete sinistra ricordano: "Giovanni Gancia. Sposo, padre, cittadino esemplare, negoziante probo, enologo egregio. Nato in Narzole del Piemonte, pose dimora in Bologna, dove esercitò l'industria enologica. Morì d'anni LX il dì XVIII aprile MDCCCXCII" "Caterina Maria di Michele Dogliani e Mad.a Balocco, moglie e vedova di Giovanni Gancia, fu in ogni condizione di vita così virtuosa donna, caritatevole e provvida, che meritò reverenza ed amore da suoi e dagli estranei. Nacque in Narzole il 19 aprile 1828, morì in Bologna il 25 maggio 1903. La figliuola Caterina, il genero Carlo Cillario le hanno posta q.m." A destra: "Michele di Giovanni Gancia, mentre a soddisfare l'animo grato preparava un degno ricordo al padre, del quale con l'azienda aveva ereditato la probità e l'arte, fu rapito da acerba morte il dì XXX maggio MDCCCXCIV, XXXVII dell'età sua. La madre, la sorella, il cognato Carlo Cillario, interpreti e partecipi della gratitudine di lui, eressero".

Maria Beatrice Bettazzi (Estratto da: B. Buscaroli, R. Martorelli (a cura di), 'Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna', catalogo della mostra, Bologna, Bononia University Press, 2010).

La realizzazione della Cappella Gancia si deve alla collaborazione tra l’architetto Attilio Muggia (1861-1936), il pittore e decoratore Achille Casanova (1861-1948) per l’apparato musivo e Tullo Golfarelli relativamente agli apparati scultorei, così come avvenne quasi un decennio dopo per la vicina Cella Cillario. Non a caso, infatti, l’esecuzione del monumento realizzato in memoria di Giovanni Gancia (m. 18 aprile 1892), è riconducibile in parte anche alla volontà di Carlo Cillario, suocero del suddetto Gancia, il quale commissionò al Golfarelli ed a Carlo Monari i busti coi ritratti di Giovanni e del figlio Michele apposti sulle pareti laterali della cella. Ricavata in un profondo arco di portico con volta a botte, la cella rientra pienamente nello stile neorinascimentale tipico del Muggia. Sebbene sia di dimensioni abbastanza ridotte, risulta molto ben architettata ed armonica, distinguendosi nella sua interezza soprattutto per la finezza artistica dell’ornamentazione. Questo appare evidente dalla figura in mosaico del S. Giovanni Evangelista (disegnato dal Casanova) incorniciato da un finissimo e ricco archivolto ornato, in cui predominano festoni di papaveri, simboleggianti il sonno eterno, riscontrabili anche nei bei capitelli delle colonne. Sulla volta a mosaico, invece, spicca un fondo derivato dalla decorazione musiva del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, con in mezzo uno stemma policromo e un contorno di viole del pensiero.

Per l’interno della cella, il nostro scultore modellò nel marmo un Angelo della Fede che regge con la mano destra il piccolo Gesù, rappresentato in forma di putto col nimbo d’oro, mentre poggia la sinistra sul capo di un piccolo San Giovannino rappresentato con la tipica veste di pelle nell’atto di guardare la Fede con atteggiamento di preghiera. Volendo riportare la descrizione comparsa su “Il Resto Del Carlino” nel 1896, «la posa dell’angelo composta, il panneggiamento entro il quale non vanisce la forma in cui l’idea prende contorno, la espressione calma e serena del volto e di tutta la soave figura danno al gruppo una impronta artisticamente gentile». Sebbene l’idea del Golfarelli fosse inizialmente quella di rappresentare una Madonna con bambino, come attestano alcuni disegni su carta acquerellati e conservati nel Fondo Muggia – Sezione Architettura – dell’Università di Bologna, alla fine la scelta ricadde sul soggetto dell’Angelo, a lui particolarmente caro e più volte riproposto nel corso della sua carriera artistica. La scultura, che risulta già terminata nel 1895, così ricca di sentimento, si erge sopra un elegante basamento, anch’esso marmoreo, nel quale lo scultore realizzò un bassorilievo raffigurante «una catena di putti dolenti, alcuni colla face funerea, altri con le mani agli occhi piangenti, ed uno con le insegne del Commercio, a significare il ramo in cui i Gancia esercitarono la loro operosità, acquistando fortuna e rinomanza», il tutto incorniciato da un fregio decorativo con motivo a vite. Come ci riporta lo stesso Golfarelli nell’Album del Museo del Risorgimento, il modello in gesso identificato come “processione funebre di putti”, allegoria del commercio enologico, fu venduto alla Scuola Serale di Belle Arti di Bologna. Lo stile dell’intero gruppo scultoreo appare complessivamente molto diverso rispetto alle tombe veriste e di carattere sociale realizzate per i monumenti Simoli e Stoppani, mostrandosi in questo caso più in linea con i dettami simbolisti e liberty che influenzarono gli artisti bolognesi di fine secolo gravitanti attorno alla Gilda Rubbianesca e alla successiva Aemilia Ars. Per quanto concerne la committenza, stando ai documenti conservati nell’Archivio Storico Comunale di Bologna, il 21 novembre 1895 la ditta di Enrico Tabarroni fece domanda per la costruzione del sepolcro per conto di Antonio Gancia (presumibilmente fratello di Giovanni) successivamente trasmessa all’ufficio tecnico competente ove se ne persero le tracce. È databile infatti al 1893 l’acquisizione della Cella n° 58 del Chiostro Maggiore a Levante nella quale Gancia Michele (m. 30 maggio 1894), figlio di Giovanni Gancia e di Caterina Dogliani, fece tumulare l’anno successivo i genitori estinti. Al 28 marzo 1893, invece, si riconduce l’atto con il quale il figlio si impegnava a far collocare entro sei anni un monumento in marmo con iscrizione all’interno della cella gentilizia. Costituito da un tombino sotterraneo con sovrastante cella, il sepolcro fu acquistato per ospitare Giovanni, i genitori, la sorella Caterina (consorte di Carlo Alberto Cillario), la moglie ed eventuali loro discendenti. Ad essi si aggiunse (per concessione dell’acquirente) un’altra Caterina Gancia, vedova di Guido Mondini e cugina del detto Giovanni, come si evince da un documento dell’Ufficio Igiene – Sezione Cimitero redatto dall’ing. Giuseppe Mondini e dal cav. Alberto Pedretti nel 1946. Lo stato più che agiato della famiglia Gancia, già supponibile per la semplice acquisizione del sepolcro nonché per la commissione affidata ai tre importanti artisti sopracitati, appare confermata dal trasporto di Prima Classe di cui godettero le salme di Giovanni e Michele, con doppio feretro dalla casa alla Chiesa e successivamente dalla Chiesa al Cimitero, a dimostrazione che la condizione di “liquorista” attestata anche negli atti di seppellimento, peraltro comune anche alla famiglia Cillario, permise ad entrambe le famiglie di sostenere le ingenti somme necessarie alla realizzazione di monumenti funebri di tale magnificenza e ricchezza compositiva. In ultima analisi, da quanto riscontrato in un articolo comparso su “Il Resto del Carlino” nel 1895 e riguardante il suicidio del «fabbricante di liquori» Francesco Gancia (m. 05 ottobre 1895), cugino di Carlo Cillario, la famiglia era proprietaria di una buvette assieme alla famiglia Cobianchi. Questo dato, aggiunto all’accertata origine piemontese dei suoi membri, ha portato ad ipotizzare una parentela con la famiglia torinese Gancia oggi rinomata in tutto il mondo per la sua specializzazione dei vini spumante. Per quanto questa supposizione non sia da escludere, attualmente è ancora in atto la ricerca di ulteriori elementi che possano confermarla o smentirla con maggiore sicurezza.

Emanuela Lamborghini, testo tratto da: Silvia Bartoli, Paolo Zanfini, Tullo Golfarelli (1852 - 1928), Minerva Edizioni, 2016. Fonti: BMRBO, Album Golfarelli. Bibliografia: “Il Resto del Carlino”, manca giorno e mese 1895; “Il Resto del Carlino”, manca giorno e mese 1896; A. BOTTARELLI, Lo scultore Tullo Golfarelli (Cesena 1835-Bologna 1928). L’attività bolognese, “Strenna storica bolognese”, XLI (1991), pp. 75-84; Luce sulle tenebre. Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, catalogo della mostra di Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna - Casa Saraceni (29 maggio - 11 luglio 2010), a cura di B. BUSCAROLI e R. MARTORELLI, Bologna, Bononia University Press, 2010; P. BORRI, Tullo Golfarelli da Carducci alle commissioni pubbliche, Tesi di Laurea in Restauro, Accademia di Belle Arti di Bologna, relatore A. PANZETTA, A.A. 2009/2010.