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Cristina Campo detto/a Vittoria Guerrini

29 Aprile 1923 - 10 Gennaio 1977

Scheda

Vittoria Maria Angelica Marcella Cristina Guerrini nasce a Bologna il 29 Aprile del 1923, ma già un paio di anni dopo la famiglia si trasferirà. Prima per un breve periodo a Parma poi a Firenze ed infine, negli anni '50, a Roma. Traduttrice, scrittrice e poetessa, i suoi lavori escono tutti sotto pseudonimo. Anzi, sotto pseudonimi. Il più utilizzato e quello con il quale è nota al pubblico è Cristina Campo. Il padre, Guido Guerrini nasce a Faenza, in una famiglia originariamente di fattori, divenuti possidenti grazie all'eredità della contessa Geltrude Abbondanzi, sposata dal padre Pietro in prime nozze. Nel 1906, ormai in ristrettezze economiche, la famiglia Guerrini si trasferisce a Bologna, dove Guido, sedicenne, prosegue formalmente gli studi musicali e successivamente inizia la sua carriera di insegnante e compositore. Nel 1922 Guido sposa Emilia Putti. Emilia viene da una famiglia bolognese di grande rilievo, una famiglia di scultori, patrioti, e medici nonché imparentata con i Panzacchi e i Respighi (la madre è sorella di Enrico Panzacchi, mentre Ersilia Putti Respighi, madre di Ottorino Respighi, è una sua seconda cugina). Il fratello di Emilia, Vittorio, è direttore dell'Istituto Rizzoli e ortopedico di fama internazionale. Il padre, Marcello Putti fu primario dell'Ospedale Maggiore e per diversi anni figura prominente nella pubblica amministrazione della città. Gli scultori Giovanni e Massimilano Putti furono rispettivamente il nonno e lo zio di Marcello. Uno zio di Emilia, Emilio Putti, fu militare, incominciando la carriera arruolandosi a 19 anni nei bersaglieri assieme al fratello Marcello e combattendo come lui nella battaglia di Mola di Gaeta nel 1860. Emilio muore in circostanze mai del tutto chiarite a Massaua nel 1885, mentre un altro zio di Emilia, Tullio Putti, muore per una pachimeningite causata da una ferita ricevuta quando, a soli 14 anni, partecipa alla battaglia di Mentana del 1867. L'infanzia di Vittoria è quindi imbevuta dei racconti che la madre le fa della famiglia Putti. In una lettera a Alessandro Spina, scriverà: «Quante volte (…) abbiamo parlato dei Buddenbrook, poi di quelle grandi famiglie che avevamo alle spalle, che sono la sola cosa di cui si vuole sapere, di cui si vorrebbe scrivere! Di questi ultimi lembi di famiglie – isole miracolose in questo orrido mondo di relazioni carnali – ultime ali degli edifici perfetti sui quali un tempo era scritto Dominus providebit. » (Lettere a un amico lontano, Scheiwiller, Milano, 1998)

Ma gli scritti di Cristina Campo non riguardano la famiglia Putti; sono traduzioni, articoli, recensioni e poesie. Sebbene sia, a detta di molti che l'hanno conosciuta, una brillante conversatrice, ha un carattere riservato; non ha simpatia per le passerelle, i salotti mondani, i premi letterari e gli scrittori che sfilano, settimana dopo settimana, su video e rotocalco e che stigmatizza ferocemente in Scrittori "on show" (I° Ed. “Il Mondo”, 4 settembre 1962). In una ipotetica nota biografica scritta in terza persona dice "Ha scritto poco e le piacerebbe aver scritto meno", frase che ci disvela una personalità schiva e rimanda al suo amore per il perfezionismo. Certamente avrebbe potuto invece scrivere di più, ma c'è un fattore determinante nella vita di Cristina Campo che, indipendentemente dalla sua volontà, le impedisce di scrivere con ritmi più serrati. Cristina è affetta da una malattia cardiaca congenita che le provoca dolori e fastidi di vario genere e che la obbliga a lunghi periodi di forzato riposo quando non a intere giornate di totale inattività, sdraiata sul letto. Una malattia che l'ha costretta ad una infanzia isolata e ad abbandonare la scuola a favore di una istruzione da autodidatta; una malattia che ha sicuramente contribuito a forgiare la sua personalità e che l'ha poi portata alla morte all'età di 53 anni. Quando muore nel 1977, Cristina Campo è sconosciuta ai più e tale resterà fino agli anni '90, quando vengono pubblicati libri che raccolgono i suoi articoli, le sue poesie e le lettere che nel corso degli anni ha scritto agli amici. Cominciano in quegli anni a fiorire studi critici e biografici, nonché convegni e giornate di studio a lei dedicati. Non si pretende qui di riassumere i suoi contributi alla vita letteraria italiana né si vuole insistere sulla considerazione in cui è tenuta da critici e da un sempre più vasto pubblico.

Ci interessa però segnalare un breve racconto autobiografico restato inedito fino al 1998, quando appare in "Sotto falso nome", una raccolta a cura di Monica Farnetti, edita da Adelphi. Il racconto si intitola "La noce d'oro" e ci riporta alle lunghe estati della sua infanzia ed adolescenza, trascorse a Bologna nella villa dello zio Vittorio, all'interno del parco dell'Istituto Rizzoli e nota come Villa Putti. Il racconto, seppur molto breve, evoca l'atmosfera di un'infanzia circondata da adulti e tutta la fascinazione di Cristina Campo per il mondo delle fiabe. Il magico e il misterioso, evocati dalle sue prime letture, si ritrovano nella descrizione delle persone, del parco, della villa Putti e della Certosa di Bologna. La Certosa, scrive, è un «cimitero dissimile da ogni altro: tenebroso palazzo dalle grandi fughe di porticati, corridoi, cortili, simili a uno scenario di tragedia spagnola rappresentata all'epoca dell'Alfieri: tutta demenza romantica, votata al mal sottile, agli amori proibiti e alle guerre redentrici ma sempre e solo, per me, tenebroso palazzo di fate. Dalle grandi cappelle gentilizie che si aprivano ai due lati dei porticati, negli immensi paesaggi coperti, dall'uno all'altro chiostro, dall'una all'altra ala, imploranti mani di marmo si tendevano dai monumenti sepolcrali su cui ghirlande ancora si spogliavano, fiori ancora morivano. Mani di bianche donne in pianto, avvinte a colonne troncate, a medaglioni di pietra, il capo velato da un braccio, da un lembo di sudario.» È alla Certosa che ogni anno, per i Morti, la madre la porta a visitare la tomba dei nonni Putti e andando passano «le grandi arche muschiose dei parenti meno prossimi, che» – scrive Cristina – «io non avevo mai conosciuti e che si erano illustrati nelle scienze, nelle lettere e nelle armi; sotto le immense statue sepolcrali – il Lutto con la cetra spezzata, i “Piagnoni” che erano puro pianto, appunto solidificato in panneggio, il nero Tempo con la clessidra levata (…) – che alcuni di essi avevano scolpito.»

Vittoria Guerrini, meglio conosciuta come Cristina Campo, muore a Roma il 10 Gennaio 1977. E' sepolta nella tomba della famiglia Putti alla Certosa di Bologna.

Marina Zaffagnini

2017, ultima modifica marzo 2023. Fonti: Cristina De Stefano, Belinda e il mostro: vita segreta di Cristina Campo, Adelphi, 2002; Cristina Campo, Sotto falso nome, Adelphi, 1998; Rossella Farnese, Il vuoto e la grazia. Poesie, traduzioni, lettere e saggi di Cristina Campo, ‎tesi di laurea magistrale in Filologia moderna, Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari, Università degli Studi di Padova, A.A. 2015/2016. Ricchissima raccolta di materiali in www.cristinacampo.it