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Casalecchio di Reno, (BO)

1943 | 1945

Insediamento

Schede

Nel 1920, prima dell’avvento del fascismo, Casalecchio contava 5737 abitanti. Il regime non spense del tutto le attitudini libertarie e socialiste della città; infatti numerosi furono i cittadini che pagarono la loro libertà di pensiero con percosse e condanne. Con l’8 settembre 1943 molti giovani presero la strada delle montagne e si diedero alla lotta partigiana. La città fu protagonista di un eccidio (Eccidio del Cavalcavia) a opera dei nazifascisti. Tredici partigiani, catturati nella battaglia di Rasiglio l’8 ottobre ’44, furono barbaramente trucidati, due giorni dopo, il 10 ottobre, nella allora piazzetta della Vittoria, sotto il cavalcavia che attraversa tuttora la linea ferroviaria. Serviziati e picchiati e legati col filo di ferro al collo, furono esposti per una settimana come monito. Il sistema di rappresaglia molto crudele farà pensare alle SS del “boia” di Marzabotto Walter Reder, quali responsabili di questa tragedia. Sei furono i partigiani italiani morti e sei quelli russi, ex prigionieri dei campi di lavoro. Fra le vittime vi fu anche un medico di origine costaricana, Carlos Collado che si era unito ai partigiani, nelle file di Giustizia e Libertà. La seconda guerra mondiale fu particolarmente disastrosa per Casalecchio. Durante i 41 bombardamenti di cui fu vittima, furono numerose le case distrutte e nell’ultima incursione aerea fu abbattuto il ponte e un intero quartiere, la Fondazza, fu interamente raso al suolo. Per questo motivo Casalecchio fu chiamata la “Cassino del Nord”. Il 10 aprile 2003 il Presidente della Repubblica concesse la Medaglia al Valore Civile alla città di Casalecchio per i bombardamenti di cui fu l’involontaria protagonista. Furono 140 le vittime civili per cause belliche, 9 le vittime civili per rappresaglia e 16 furono i partigiani uccisi (tre anche in località Cocca, a Bologna).

Casalecchio si risollevò dal disastro della guerra e negli anni ’50 e ’60 conobbe un rapido incremento demografico e un notevole sviluppo economico. Alla fine degli anni ’60 Casalecchio divenne un centro di piccole industrie e artigianato. Gli anni ’90 vedono un ulteriore fase della vita socio economica casalecchiese. La città, pur conservando una solida base industriale è diventata un centro di servizi (bancari, commerciali, nuove tecnologie), favorito in questo anche dalla favorevole posizione geografica nel sistema della viabilità stradale e ferroviaria. Una dolorosa tragedia ha in tempi recenti colpito profondamente la comunità casalecchiese il 6 dicembre 1990 un aereo dell’aeronautica militare in esercitazione cadde sull’Istituto Salvemini, provocando la morte di 12 ragazzi e ferendone altri 90. Al 31 dicembre 2007 Casalecchio di Reno conta 34.829 abitanti su una superficie di 17,37 kmq.

Mauro Ungarelli



Il fascismo
A Casalecchio di Reno, che allora contava meno di 6000 abitanti, nelle elezioni comunali del 31.10.1920 (967 votanti su 1670 elettori) i socialisti vinsero con una prima lista che ottenne 16 seggi ed una seconda lista che ebbe i restanti 4 seggi. Il nuovo Consiglio elesse Sindaco il socialista Vito Sanciri, ma ormai imperversava la violenza fascista.
Il 21 novembre i fascisti spararono sulla folla che di fronte a Palazzo d'Accursio a Bologna salutava il neo-Sindaco socialista Enio Gnudi causando 10 morti e numerosi feriti.
Il casalecchiese Ettore Masetti, di anni 16, colpito da una pallottola al ventre morì in ospedale dopo un'agonia di tre mesi.I primi ad iscriversi al fascio furono bottegai, artigiani, impiegati e poi anche operai.
Nel 1921 e 1922 squadre fasciste provenienti da Bologna devastarono la Camera del lavoro, la Cooperativa di consumo, il Circolo ex combattenti e sottoposero gli avversari a trattamenti a base di manganello ed olio di ricino. Gli squadristi casalecchiesi compivano le loro azioni nei comuni circostanti e sottoponevano i socialisti locali a minacce e ricatti, tanto che nella seduta del 25.6.1922 il Consiglio comunale deliberò di ritenersi dimissionario. II Comune venne retto da un Commissario Prefettizio fino alle elezioni del 21.1.1923, stravinte da una lista PNF-PPI. Fu eletto Sindaco il marchese Ruggero Beccadelli e il nuovo Consiglio spedì a Roma due telegrammi per porgere "con rinnovata fede nelle fortune della Patria i propri devoti omaggi alla Maestà del Re" e per rivolgere "il proprio triplice alalà all'amato Duce del Fascismo."
Nelle elezioni politiche del 6.4.1924 si verificarono a Casalecchio tafferugli davanti ai seggi fra fascisti e socialisti che s'erano recati a votare con un garofano rosso sul manubrio della bicicletta.
Dopo le leggi eccezionali del 1926 la Camera del lavoro e la Cooperativa di consumo vennero sciolte ed il Beccadelli, possidente, diventò Podestà su nomina prefettizia. Nelle elezioni-plebiscito del 1929 alla domanda "Approvate la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del fascismo?", i casalecchiesi risposero "si" 1.901, "no" 16, Nulla 1. Quell'anno diventò Podestà l'ing. Edmondo Mazzanti, sostituito nel 1938 dal locale Segretario del PFN cav. Luigi Masetti che rimase Podestà fino al 25.7.1943. I gerarchi locali amavano mettersi in mostra durante le sfilate dei carri organizzate dalle fabbriche locali per carnevale e lo fecero pure quando nel giugno 1940 gli altoparlanti collocati su tutte le piazzette trasmisero il discorso del Duce da Palazzo Venezia sull'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania nazista. Anche i fascisti casalecchiesi gridarono: Sì.
Un grande evento fu il passaggio del Duce che nel 1941 si recò a Pontecchio ad inaugurare il Mausoleo Guglielmo Marconi, eretto su disegno di Marcello Piacentini. Mussolini avrebbe
dovuto giungere da Bologna in auto e fu costruito un arco di fiori e bandiere di fronte alla merceria Baraldi. Ma il Duce transitò in treno. Ci fu un gran correre verso la stazione sulla Porrettana dove il treno speciale sostò soltanto pochi minuti. Mussolini riuscì a stringere poche mani.

L'antifascismo
Durante il ventennio fascista diversi casalecchiesi manifestarono la loro opposizione al regime. Alcuni subirono il carcere o il confino o l'esilio.
Aldo Bolognini (n. 1904, muratore), nella notte precedente il 10 Maggio 1925 collocò assieme a Marino Serenari e Gaetano Masetti una bandiera rossa sul Canapificio Melloni. Nella notte tra il 20 e il 21.1.1927 organizzò una diffusione di manifestini per ricordare l'anniversario della fondazione del PCI. Per questo motivo il Tribunale Speciale emise le seguenti condanne di reclusione del 10.9.1928: Bolognini, anni 4 mesi 6 giorni 15; Guglielmo Paioli (n. 1902, carrettiere), a. 3; Urbano Cinelli (n. 1901, tornitore), a. 3; Marino Serenari (n. 1906, colono), a. 2 e m. 6 g. 12.
Nel 1936 Bolognini raggiunse la Francia dove, a Parigi e in varie zone montane, prese parte alla Resistenza. Serenari venne nuovamente condannato dal TS del 5.7.1934 ad anni 6 di reclusione per aver issato una bandiera rossa con falce e martello sulla ciminiera di una fornace di Corticella. Ammalatosi nel carcere di Civitavecchia morì in un ospedale di Napoli il 5.2.1939.
Cesare Mazzetti (n. 1914, calzolaio), fu condannato assieme al Serenari per lo stesso reato pure ad anni 6 di reclusione. Marino Mazzetti (n. 1909, colono), fu arrestato una prima volta nel 1927 poi nel 1929, ricercato dalla polizia, si diede alla latitanza e nel 1930 espatriò in Francia. Compì tre viaggi illegali in Italia portando materiale di propaganda antifascista in varie regioni e al quarto viaggio, nel 1932, fu arrestato a Bardonecchia. Dovendo scontare una condanna per renitenza alla leva peregrinò per diversi carceri militari, a Gaeta, Ponza, Poggioreale, all'Elba. Di qui riuscì a fuggire in barca con altri due compagni raggiungendo la Corsica dove chiese e ottenne asilo politico in Francia. Nel 1938 accorse in Spagna unendosi alle Brigate Garibaldi e dopo la vittoria di Franco rientrò in Francia dove, durante la guerra, militò nei "maquis". In collegamento con ambienti operai di Bologna si costituì una cellula comunista con responsabile Libero Zanasi (n. 1907, muratore), composta da Ivo Vincenzi (n. 1910, cementista), Dante Bettelli (n. 1911, calzolaio), Francesco Gamberini (n. 1910, fabbro). Affiggevano di notte manifestini agli ingressi delle fabbriche Hatù, Mantel, Ronzani, Melloni e raccoglievano fondi per il Soccorso Rosso. Nella notte del 6.11.1930 tolsero la bandiera tricolore issata il 4 novembre sul Monumento ai Caduti e la sostituirono con una bandiera rossa. Qualche giorno dopo furono arrestati e processati dal TS che con sentenza 51 del 28.9.1931 condannò al carcere Libero Zanasi (anni 4), Ivo Vincenzi (anni 3), il Bettelli e Francesco Gamberini (mesi 18).
"Casalecchiesi acquisiti" furono Angelo Piazzi, di Molinella (n. 1909, operaio) condannato dal TS ed Ettore Cristoni, deferito tre volte al TS e confinato due volte, nato nel 1907 a
Monteveglio. Altri due casalecchiesi furono condannati dal TS: Aldo Palmieri (n. 1889, falegname) e Amedeo Dozza (n. 1911, tornitore) per "costituzione del PC.d'I. e propaganda sovversiva".

Il 25 luglio
Una parte degli abitanti si riversò nelle strade manifestando la propria gioia per la caduta del fascismo con la speranza che fosse posta fine alla guerra che causava morte e fame.
Un corteo con alla testa il Bettelli, Novello Gamberini e Gaetano Stanzani percorse le vie del centro, fermandosi davanti alla Casa del fascio. Alcuni salirono le scale, infransero le porte, penetrarono negli uffici e dall'alto attraverso le finestre cominciarono a cadere giù i ritratti del Duce e dei gerarchi, documenti, fascicoli e libri. Quindi, ne fu fatta una catasta alla quale appiccarono il fuoco.
Ubaldo Gardi, l'arrotino, divelse i fasci d'ottone dalle porte e, seguito dagli altri, s'incamminò verso il ponte del Cavalcavia dove spezzò con una grossa mazza i fasci di cemento che ornavano i piloni. Alcuni fascisti furono obbligati a coricarsi presto. Il 15 agosto il comune fu teatro d'un evento passato alla storia come "il convegno di Casalecchio". Sui colli della frazione Croce, nella villa di Luigi Federzoni, ex Ministro delle colonie e poi degli interni, che il 25 luglio aveva votato nel Gran Consiglio contro Mussolini, si tenne un incontro fra gli Stati Maggiori di Germania e d'Italia. Il maresciallo Rommel, Comandante delle truppe germaniche in Alta Italia: e i generali Jodl e Von Rintelen incontrarono i generali Roatta, Capo di S.M. dell'Esercito, Rossi, Zanussi e Di Raimondi. Gli Italiani chiesero di richiamare le loro divisioni dalla Francia e dai Balcani. I tedeschi domandarono se le volevano impiegare contro gli americani al sud oppure contro i tedeschi al Brennero. Gli italiani, ritenendo la domanda "tendenziosa", non risposero. Attorno alla Villa Federzoni c'era un grosso cordone di SS. Una ventina di giorni dopo il Re e Badoglio firmavano l'armistizio.

L'8 settembre
I casalecchiesi pensarono che la guerra fosse finita e la sera del giorno dopo accesero grandi fuochi sulle colline attorno all'Eremo di Tizzano ed a San Luca per festeggiare l'avvenimento, ma nei giorni seguenti scorsero i carri armati tedeschi presso i crocevia stradali e i piantoni della Feldgendarmerie sugli accessi al ponte sul Reno. Temendo che i tedeschi imponessero di scegliere tra "collaborazione o deportazione in Germania" i militari italiani abbandonarono le caserme dislocate in territorio casalecchiese scambiando armi e scatolette di carne e pesce con abiti civili. Gli addetti al Centro Posta Militare situato nell'Albergo Reno scomparvero e la gente accorse a prelevare coperte, lenzuola e materassi.
I giovani Carlo Venturi ed Eugenio Sabattini rastrellarono armi e munizioni abbandonate all'Albergo Reno e in un magazzino presso la Chiusa e le consegnarono a Velio Bai.
I giovani Silvano laboli, Bruno Stanzani ed Adriano Rizzi fecero un grosso bottino di armi leggere e pesanti con relative munizioni nelle caserme della frazione Croce, armi che poi servirono al gruppo partigiano di via Tripoli ed ai gappisti di Bologna.Per dirigere il Comune fu insediato un Commissario prefettizio. Dal settembre 1943 al 4 aprile 1945 se ne alternarono ben quattro; Dante La Rocca, Ferdinando Basile, Giorgio Vacchi, Alberto Noci.
A Villa Lamma si insediò il PFR con la GNR al comando del magg. Tarquigni e del ten. Scaramucci. Il loro primo compito fu la ricerca delle armi "trafugate e nascoste", rovistando nelle case dei sospetti, convocando e minacciando gli antifascisti giovani e anziani, oppure allettandoli a collaborare dicendo che la RSI era contro i capitalisti, i banchieri, gli ebrei e i massoni e quindi aveva finalità socialiste.
Quando nell'estate 1944 la GNR si sfaldò essa venne sostituita da un nucleo di Brigata Nera. A dare una mano giungeva da Bologna Renato Tartarotti con i suoi. I "fascisti repubblicani" furono anche solerti nel collaborare con gli occupanti tedeschi, i quali avevano dislocato nella Villa Talon il Comando della contraerea del Fronte del Sud con il gen. Von Pohl che s'onorava d'aver suo ospite il maresciallo Kesselring. Inoltre avevano aperto un Ufficio della Todt che reclutava la gente per scavare trincee, tunnel o rifugi antiaerei come quello spaziosissimo sotto le colline tra la chiesa di San Martino ed il santuario di San Luca. Nell'organizzazione provinciale della Resistenza, Casalecchio rientrava nella 4° zona (tra il Reno e il Samoggia) il cui responsabile politico era Giorgio Volpi mentre responsabile militare era Ildebrando Brighetti, detto "Brando".Si costituirono due SAP, una nel rione Tripoli vicino al Reno ed una sulle colline attorno all'Eremo di Tizzano. La SAP di via Tripoli, promossa da Dante Bettelli, contava una ventina di uomini (comandante Silvano laboli, commissario Francesco Gandolfi) con due staffette. Le prime azioni furono rivolte alla interruzione di linee telefoniche e al disarmo di guardafili e di qualche tedesco di passaggio. In febbraio fu fatta esplodere una bomba tra i cingoli di un carro armato.In marzo la SAP fu collegata alla Squadra "Temporale" della 7a Brigata GAP di Bologna. In aprile fu attaccata con mitra e bombe a mano una batteria d'artiglieria a Villa Romita. In giugno furono messe fuori uso due trebbiatrici per impedire che il grano finisse in mano ai tedeschi. In agosto ci fu l'irruzione nel Distretto militare di Bologna trasferito alla Croce, con l'asporto di armi, documenti e tim-bri. "Brando" tenne un discorso ai militari invitandoli alla diserzione ed in settembre ci fu l'azione più impegnativa assieme ai gappisti bolognesi "Tempesta" e "Terremoto" vestiti da militari tedeschi. L'obiettivo fu la polveriera di Villa Contri presso la Certosa.
Il presidio fascista fu disarmato e un grosso quantitativo di armi e munizioni venne caricato su un camion che percorrendo la Porrettana raggiunse il ponte del Reno a Casalecchio. Ai piantoni tedeschi fu Intimato d'alzare le mani e quelli obbedirono. Il camion raggiunse via Tripoli e mentre si scaricava il ricco bottino In un rifugio in riva al Reno, la polveriera, che era stata minata, saltava in aria con un enorme boato.Nella primavera del 1945 vennero sparsi chiodi a quattro punte ed eseguite sparatorie notturne contro camion tedeschi sulla Bazzanese e sulla Porrettana. La SAP dell'Eremo contava una decina di uomini al comando di Velio Bai. Da base fungeva la casa del Bai il cui capofamiglia Vittorio era il fattore dei poderi di proprietà dei monaci. La SAP assolse una importante funzione logistica ospitando nella Grotta di Nugareto i giovani che da Bologna raggiungevano le formazioni partigiane di montagna, oppure gli esponenti antifascisti e gli ebrei che dovevano attraversare la linea del fronte per raggiungere gli Alleati. In questo fu prezioso l'aiuto fornito dal monaco Giuseppe Spinelli.
Nell'estate 1944 i sappisti dell'Eremo affissero volantini in lingua tedesca presso le case occupate da truppe germaniche, insegnarono ai contadini come sottrarre il grano agli ammassi nazifascisti, misero fuori uso una trebbiatrice il cui gestore notificava ai fascisti di Villa Lamma le quantità di grano ottenute da ogni casa colonica. In autunno appiccarono il fuoco ad un cannone tedesco. Nella primavera 1945 organizzarono una delegazione di contadini che si recò al Comando tedesco sito nella Villa Marescalchi per protestare contro le razzie di bestiame. Infine presero parte ai combattimenti che si svolsero al momento dell'avanzata delle truppe Alleate facendo prigionieri nella Villa Lubbia di Alfredo Testoni, sette tedeschi che poi consegnarono agli Alleati.Oltre alle azioni dei sappisti si ebbero proteste sociali: nel marzo 1945 una trentina di donne manifestò davanti al Municipio chiedendo maggiori razioni alimentari, e all'Hatù e al Canapificio Melloni si costituirono commissioni di operaie per rivendicare aumenti di salari e interventi contro la deportazione di uomini in Germania.
Vi furono casalecchiesi che militarono nelle Brigate partigiane dell'Appennino come Carlo Venturi (Stella Rossa), il marchese Denis Talon Sampieri (62° Brg), Eugenio Sabattini (62° Brg e Primo Gruppo "Friuli"), Guido Zanello (4a Brg e poi Brg "GL"), Ubaldo Gardi (Brg "Corsini"), Ivo Vincenzi (Brg "Santa Justa") o che si unirono ai partigiani nelle zone alpine dove si trovavano in servizio militare.
Ai primi d'ottobre 1944 le truppe tedesche attuarono un rastrellamento contro la 63° Brigata nelle colline di Monte San Pietro, Sasso Marconi e Monte Capra.
L'8 ottobre ci fu l'aspro combattimento di Rasiglio con molti morti e feriti d'ambo le parti.Nei giorni successivi transitarono per le strade di Casalecchio gruppi di persone rastrellate dai tedeschi e destinate in Germania. Tra loro don Roberto Tassinari e don Andrea Balestrazzi di Ceretolo, don Pasquale Broccadello di Scopeto, don Ugo Romiti di Nugareto (preso a pugni e calci dai nazisti nel centro), i padri barnabiti Saccomanno. Fagetti e Spinelli dell'Eremo, mentre il carmelitano padre Mario Ruggeri fu ucciso per strada perché stentava a camminare.
A Casalecchio vennero uccisi iI contadino Celso Nasce ed il farmacista Clemente Cocchi.
Prima tappa del rastrellati erano le Caserme Rosse di Bologna, dove in quel giorni giunsero 1.500 rastrellati che dovevano essere avviati col treni nel campi di lavoro in Germania.
Per fortuna non tutti raggiunsero la destinazione perché una parte riuscì a fuggire durante un bombardamento. Il 10 ottobre ci fu l'eccidio nel giardinetto presso il Cavalcavia. Tredici partigiani (7 sovietici. 5 Italiani e 1 costaricano), fatti prigionieri a Rasiglio, vennero legati In semicerchio al pali e ai cancelli con filo spinato ed uno al centro dell'aiuola.
Su quest'ultimo era appeso un cartello: "Questa è la fine di ogni partigiano o spia antitedesca'. Le raffiche di mitra furono rivolte alle gambe. Mentre i corpi s'afflosciavano il filo
spinato li martirizzava. Poi li finirono con un colpo In bocca e li tennero In mostra per una settimana come avvenimento per I passanti. Il parroco don Carlo Marzocchi, che nella
chiesa di San Martino nascondeva renitenti alla leva e perfino un tedesco disertore, fu Incaricato della sepoltura di quei tredici corpi straziati in una buca nel giardino della villa
antistante II luogo dell'eccidio. C'è chi ricorda d'aver notato la mattina dell'eccidio su una motoretta un ufficiale delle SS senza un braccio che albergava a Villa Galvano di Ceretolo. La descrizione fa pensare si trattasse del maggiore Walter Reder artefice della strage di Marzabotto.
Il 20 ottobre tre giovani partigiani bolognesi vennero fucilati dalla Brigata Nera nella boscaglia lungo la strada della Cocca sopra Villa Ghillini.
Dopo il bombardamento del 16.6.1944 che aveva raso al suolo il centro del Capoluogo abbattendo iI Ponte, il rione Fondazza con iI rifugio antiaereo, il Caffè Margherita e gli Alberghi,
e quello del 12.10.1944 che aveva distrutto la Croce, nelle giornate del 15.16.17 aprile 1945 gli aerei Alleati bombardarono e mitragliarono colpendo ciò che era rimasto in piedi.
Anche la bella e antica Villa Talon e la chiesa di San Martino furono colpite. Complessivamente le incursioni furono 41. Su 945 fabbricati 110 erano stati distrutti, 805 danneggiati, 30 colpiti lievemente. Dei 9.400 abitanti del 1939 nel capoluogo ne erano rimasti 2.500.
Le incursioni aeree avevano causato 200 morti e 300 feriti. Molte famiglie erano sfollate a Bologna o sulle colline presso parenti ed amici. Questa la situazione nella quale dovette operare iI CLN costituito clandestinamente nell'ottobre 1944 ed Insediatosi ufficialmente iI 21 aprile 1945 al momento dell'arrivo delle truppe Alleate. Esso era così composto: Ettore Cristoni, Libero Zanasi e Orlando Collina per il PCI. Mario Cavazza per il PSUP. Franco Cerioli per la DC e don Carlo Marzocchi come parroco.
I partigiani casalecchiesi caduti sono stati 17, gli uccisi per rappresaglia, i militari caduti e dispersi in guerra 66.