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Basilica di Santo Stefano

Di rilevanza storica

Schede

Antico complesso di chiese, sorto fin dal IV-V secolo su un tempio pagano dedicato a Iside. Attualmente si conservano la Chiesa del Crocefisso (XI secolo) con cripta e all'interno dipinti di Simone de' Crocifissi, Pier Francesco Cittadini, T. Muratori e Deposizione in cartapesta di Angelo Gabriello Piò; quella del Santo Sepolcro, riedificata nel XII secolo, con al centro tempietto contenente le reliquie di San Petronio e quella dei Ss. Vitale e Agricola (XI secolo). Nel cosiddetto cortile di Pilato vasca marmorea del secolo VIII; suggestivo il chiostro romanico. Nel corso dei secoli ha subito diversi lavori, demolizioni e restauri. Un esempio è la Chiesa del Calvario. Nel XIX secolo quello che era rimasto della decorazione ad affresco della cupola fu demolito per un aggiornemento estetico eseguito dai pittori Filippo Pedrini e Giuseppe Terzi. A loro volta furono poi demoliti con i restauri del 1880 di Giovanni Gozzadini e Raffaele Faccioli. E' in questo momento che viene anche realizzata la facciata 'in stile' della Chiesa dei s. Vitale e Agricola.

IL LAPIDARIO DEI CADUTI DELLA GRANDE GUERRA

Tra le pareti del Chiostro romanico della Basilica di S. Stefano, dove palpitano le più alte affermazioni della vita religiosa e civile di Bologna, si racchiude il LAPIDARIO, inaugurato il 12 giugno 1925 sa S. M. il Re ed eretto dal culto d'infinito amore delle Madri e Vedove dei Caduti in guerra, a indelebile ricordo della Grande Guerra. Al Sovrano fu offerta la Monografia che illustra il monumento insigne e tale reverente omaggio era accompagnato da questa dedica eloquente: "Su queste pagine che adunarono i voti e le speranze delle Madri e Vedove di guerra dei Caduti bolognesi, per la glorificazione dei loro morti, si vuole imprimere una data memoranda: 12 Giugno 1925, in cui l'Augusta Maestà di Vittorio Emanuele III viene ad inaugurare, felicemente compiuto, il Lapidario. L'ambita presenza del Re suscita oggi gli echi delle memorie più care, associa nel ricordo della pavida fuga degli Austriaci dalla nostra città e nella esaltazione degli ultimi vindici della libertà nazionale, tutte le pene e tutte le glorie della Patria. Sacra quindi e solenne è l'ora nella quale il primo Soldato d'Italia torna fra Coloro cui il mistero della morte è ragione di vita, e la tenebra luce, e canto di gloria il silenzio. Oh! come i nomi degli eroi, che la pietà delle Madri e delle Vedove volle incisi nella pietra severa, s'accenderanno di festosi bagliori davanti a Colui che seppe i rischi e i sacrifici di tutti i prodi! E su per gli archi massicci e brevi salirà formidabile il saluto dei nostri morti: O Re, magnanimo Re delle nostre battaglie e delle nostre vittorie, noi che alla vita d'Italia demmo l'ardore del nostro cuore, il sangue delle nostre vene, noi Ti salutiamo anche oggi, anche qui, segnacolo di grandezza della Patria".

Il voto della Sezione bolognese dell'Associazione Madri e Vedove dei Caduti è stato mirabilmente attuato dall'apposito Comitato, scelto dall'Associazione stessa e presieduto dalla Contessa Laura Acquaderni e dal Generale Comm. Augusto Bacchelli. Il Comitato effettuò dapprima importanti necessari restauri al Chiostro, sotto la Direzione dell'arch. comm. Luigi Corsini, R. Soprintendente ai monumenti, ridonando al luogo vetusto il suo pristino suggestivo aspetto. Come è noto, il Chiostro annesso al caratteristico gruppo delle chiese che formano la monumentale Basilica di S. Stefano, risale per l'ordine inferiore (ove è collocato il Lapidario) all'XI secolo e per l'ordine superiore al XIII°. Per l'elencazione dei Caduti fu prescelta l'idea certamente più efficace, quella di raggruppare i nomi dei Caduti in Lapidi distinte per zone combattute, applicandole sulle quattro pareti del Chiostro, dedicate ai quattro anni di guerra. Si ha così un quadro sintetico della guerra che ricostruisce fatti ed episodi eroici memorabili. Le lapidi, in marmo di Brescia, più o meno grandi in ragione del numero dei Caduti, sono distribuite sulle pareti con fine intuito d'arte. L'intestazione delle lapidi, i nomi dei Caduti, il rispettivo grado ed arma e la data di morte sono incisi in caratteri romani, tinti in rosso: l'elenco di ciascuna lapide è alfabetico, in ordine decrescente di grado. I quattro angoli delle lapidi sono fregiati da una croce di guerra.

Le lapidi sono 64, cosi distinte: per il 1915 — parete nordovest, lapidi 11 con 410 nomi —; pel 1916— parete nordest, lapidi 16 con 471 nomi —; pel 1917 — parete sud-est, lapidi 18 con 574 nomi —; pel 1918 — parete sud-ovest, lapidi 17 con 834 nomi —; pel 1919 — sull'angolo ovest — una lapide con 151 nomi —; pel 1920— pure sull'angolo ovest — una lapide con 96 nomi. Complessivamente 2536 nomi di Caduti. Tra questi rifulgono sei decorati con la medaglia d'oro: il Maggiore di Fanteria GIACOMO VENEZIAN (1915) — il Soldato dei Granatieri ALFONSO SAMOGGIA (1916) — il Tenente d'Artiglieria GIULIO BLUM (1917) — il Tenente di Fanteria CORRADO MAZZONI (1917) — il Sottotenente dei Bersaglieri GIACOMO PALLOTTI (1917) — il Tenente del Reparto Assalto IVO LOLLINI (1918). L'elenco contempla soltanto i Caduti inscritti fra la popolazione residente nel Comune di Bologna negli anni 1915, 1916, 1917, 1918, 1919 e 1920. Per il 1919 e 1920 sono considerati, per legge, Caduti per la Patria tutti i morti in conseguenza della guerra. Sull'ingresso del sacro recinto è stata murata una lapide con la seguente epigrafe dettata dal Sen. Prof. Giuseppe Albini: HAVETE - BONI PRO - PATRIA - MORTE FUNCTI - VICIORES MATRES - ET - VIDUAE - LOCUM - DELEGMUS NOSTRIS - LACRIMIS - VESTRIS - LAUDIBUS HIC - NOMINA ET - SUAVES - UMBRAS EXCIPIT SIEPHANUS CORONA - MARTYRUM - PRIMA QUICUM CAELITES - GAUDEAUS A MCMXXV

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