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Baricella (Bo)

1919 | 1943

Insediamento

Schede

Comune prevalentemente agricolo, vide nascere il primo conflitto sociale con lo sciopero bracciantile avvenuto nell'anno 1886. Negli anni successivi sorsero leghe, cooperative e circoli socialisti. Nel 1906 il socialista Enrico Catti divenne sindaco. Nel luglio e nel settembre 1911 i baricellesi scioperarono contro l'impresa per la conquista della Libia. Nel 1914 nel comune si svilupparono agitazioni contro l'entrata in guerra dell'Italia e, nelle consultazioni elettorali dell'agosto, il PSI conseguì la maggioranza dei consiglieri comunali.
Nelle elezioni amministrative del 7 novembre 1920 i socialisti conquistarono 20 consiglieri (16 di maggioranza e 4 di minoranza). A sindaco, il giorno 18 seguente, elessero Luigi Valeriani. Il sorgente fascismo colpì subito dopo le istituzioni dei lavoratori. Agli inizi del 1921 vennero incendiate le sedi della Cooperativa di consumo e agricola di Baricella e della Cooperativa di consumo della frazione di Boschi, poi fu la volta della Casa del popolo di San Gabriele. Il 16 aprile 1922, giorno di Pasqua, fu una "Pasqua di sangue a Boschi di Baricella". Il fascista Ettore Buriani provocò una sparatoria nei locali della Lega, dove era in corso una festa danzante nella quale rimase ucciso lo stesso squadrista e vennero inoltre feriti il socialista Luigi Cantelli e la bimba Alma Barattini. I fascisti attraverso una forsennata campagna sulla stampa indicarono un colpevole, Luigi Simoncini, bracciante socialista, il quale venne arrestato il 25 maggio successivo.
Dietro l'incalzare dello squadrismo fascista ci fu lo scioglimento del consiglio comunale, nell'ultima seduta del 26 maggio 1922.
Il 14 luglio successivo il Prefetto di Bologna intervenne una prima volta sull'attività della giunta e il 26 agosto, con proprio decreto, nominò un Commissario prefettizio. Si aprì così la strada per l'avvento all'amministrazione comunale dei fascisti, attraverso elezioni-farsa. Il Simoncini fu processato a Bologna e il 17 aprile 1923 condannato a 15 anni di reclusione. Uscirà dal carcere a seguito di un'amnistia nel gennaio 1929 e, ritornato una sola volta nella natia Boschi, verrà picchiato a sangue da un gruppo di fascisti. Durante gli anni della dittatura, sei nativi di Baricella furono deferiti, processati e condannati dal Tribunale Speciale (Aula IV); nove subirono condanne al confino di polizia per atti d'opposizione (Confinati). Il capodanno 1932 fu funestato dalla morte di Oreste Brunelli (classe 1899), muratore socialista, emigrato nel 1930 in Francia, dove fu arrestato per la sua attività politica. "Rientrato in Italia il 25.12.31, - leggiamo sul Dizionario - fu arrestato nella notte tra l'1 e il 2.1.32, assieme a Leo Bergami, a Baricella, perché sorpreso con 16 foglietti sui quali era scritto "I seguaci di Matteotti non son morti". Nella locale caserma dei carabinieri fu duramente percosso e decedette il 3.1.1932 per le gravissime ferite riportate. Per simulare la sua fine gli fu messa una corda al collo e sul certificato di morte venne scritto che si era suicidato. Il medico condotto di Baricella si rifiutò di firmarlo. Questo falso suicidio destò scalpore a livello internazionale e ne parlarono "La libertà " di Parigi del 4.2.32 e il "Salzburger Wacht " del 26.1.32". Quando in Spagna scoppiò la rivolta capeggiata dal generale Francisco Franco, cinque nativi di Baricella parteciparono nelle file degli antifascisti internazionali in difesa di quella repubblica (Spagna).
Nell'inverno del 1940, dopo sei mesi dall'entrata in guerra dell'Italia, il malumore contro la politica del regime fascista andò mutandosi in avversione aperta. Nei mesi e negli anni che seguirono da parte dei contadini produttori di cereali cominciarono trattenute dei prodotti destinati agli ammassi e rivendicazioni di condizioni e salari migliori da parte dei braccianti. Nel marzo-aprile 1943 oltre 200 mondine scesero in sciopero fino ad ottenere risultati positivi seppure parziali. Dopo il 25 luglio 1943 in tutte le frazioni e nel capoluogo baricellese vi furono manifestazioni di esultanza, cortei ed abbattimenti delle insegne e dei cippi fascisti; in tutto il Comune vennero dati alle fiamme i quadri di Mussolini, dei gerarchi fascisti e del re".

Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998