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Andrea Marabini

14 novembre 1882 - [?]

Scheda

Andrea Marabini, da Anselmo e Maria Guadagnini, nato il 14 novembre 1882 a Imola. Perito agrario. Stimolato dall'esempio paterno, sedicenne, nel 1908, entrò nel movimento giovanile socialista.
Della sua prima attività politica, la polizia segnalò la «propaganda antimilitarista allo scopo di poter attivare la cassa del 'Soldo al soldato'«. Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1913, intervenne con un gruppo di imolesi in difesa del direttore dell'Avanti!" e candidato del PSI, Benito Mussolini il quale dopo aver pronunciato la frase: «Questo nostro re menechino [...]», stava per essere arrestato. Ci fu una colluttazione nel corso della quale un commissario di polizia cadde fratturandosi una spalla.
Venne ricercato per essere arrestato. Riparato a Milano, fu consigliato da Mussolini ad espatriare. Raggiunse Lugano in barca e, poi, in Svizzera, svolse attività politica divenendo, dopo qualche tempo, segretario della sezione socialista di Ginevra.
Nel 1915 collaborò al lavoro di organizzazione della Conferenza intemazionale di Zimmerwald (svoltasi dal 5 all'8 settembre), alla quale partecipò anche Lenin, come leader degli elementi rivoluzionari del gruppo detto «della sinistra di Zimmerwald». Dall'agosto 1916 all'aprile 1917, ricoprì la carica di vice segretario della Camera di Commercio Italiana a Ginevra. Dalla Svizzera venne espulso con accuse speciose di spionaggio e particolarmente perché, così riferiva un rapporto della Prefettura, «aveva assunto un atteggiamento favorevole, ai sovversivi residenti in Isvizzera». Rientrato in Italia, venne costantemente vigilato dalla polizia, specie in relazione ai contatti con dirigenti socialisti, la quale «presumeva» - poiché «non si è mai potuto rinvenire prove per ritenerlo capace di spionaggio ai nostri danni» che svolgesse attività di delazione ai danni del Paese. In Imola, svolse attività nel commercio dei vini e riprese un intenso lavoro politico. Nel 1919 fu schedato.Fece parte del Comitato «Risveglio cittadino», avente fini politico-ricreativi; collaborò ai periodici locali "La Scolta", dei giovani socialisti e "La Lotta", della federazione circondariale del PSI; diresse (nel 1920) lo spaccio cooperativo municipale di Imola.
Nell'autunno del 1920, aderì alla frazione comunista del PSI e partecipò, in qualità di tesoriere, alla organizzazione del Convegno nazionale della frazione, che si svolse ad Imola il 28-29 novembre dello stesso anno. Fu uno dei fautori del consolidamento della «frazione comunista» nell'Imolese e, dopo aver partecipato al XVII Congresso socialista di Livorno, si schierò con coloro che diedero vita, il 21 gennaio 1921, al PCdI. Ebbe l'incarico di fiduciario del nuovo partito per l'Emilia-Romagna e fu segretario provvisorio della federazione di Bologna fino al 20 marzo 1921, quando si riunì il primo Congresso provinciale dei comunisti. All'insorgere dello squadrismo, organizzò una solida difesa antifascista in Imola ed in ogni frazione. Vari nuclei di «guardie rosse», composte da militanti di vari partiti, tra i quali gli anarchici, obbedivano ad un Comitato segreto di cui fu il segretario. Ogni squadra aveva un responsabile. Il servizio d'informazione era garantito dai «ciclisti rossi» formato da uno o due componenti, che informavano e segnalavano l'arrivo delle squadracce fasciste. Anche i cantonieri servirono da informatori. Il campanone del municipio, con i suoi rintocchi a stormo, avvertiva gli imolesi quando i fascisti si avvicinavano alla città. Le «guardie rosse» respinsero attacchi fascisti o fecero pagar loro caro gli assalti compiuti nell'Imolese; per questo divenne bersaglio di ingiurie e calunnie da parte della stampa fascista e delle violenze squadristiche. Fu, inoltre, fermato dai carabinieri più volte. L'1 giugno 1921 - reo di aver svolto le funzioni di cassiere delle quote provenienti dalle «taglie» imposte dalla Federterra provinciale nel corso della lotta agraria del 1920 - venne colpito da «mandato di cattura per estorsione compiuta durante l'agitazione agraria Bolognese». Si rifugiò nella Repubblica di S. Marino, da dove fece ritorno il successivo 21 agosto, quando il mandato fu revocato. Dal 28 settembre al 15 novembre 1921, lavorò a Roma, presso la missione commerciale russa dei Soviet. Durante il 1922 e agli inizi del 1923, fu segretario della federazione comunista di Ravenna. A più riprese ebbe scontri con i fascisti della Romagna. Questi ultimi posero una taglia sulla sua testa di L. 10.000. In un conflitto armato contro squadristi, venne ferito. Causa le continue persecuzioni che minacciavano la sua vita, nel marzo 1923 si rifugiò a Genova. Per aver firmato un manifesto della III Internazionale, fu tallonato da un mandato di arresto. Il 13 luglio 1923, espatriò in Francia. Raggiunse Reims ove, poco dopo, assieme ai familiari, assunse la gestione di una trattoria. La Procura di Bologna, il 26 novembre 1923 spiccò un mandato di cattura nei suoi confronti, quale «mandante dell'omicidio commesso a Mordano (Imola) il 17 settembre 1920 del contadino Arcangelo Solferino fu Leonardo». Il governo fascista chiese la sua estradizione e, nonostante una campagna di stampa a suo favore, che giunse fino al parlamento francese, fu incarcerato, estradato e trasferito, in catene, a Bologna. Dopo due mesi, il 3 aprile 1924, venne prosciolto dall'accusa «per insufficienza d'indizi» e dimesso dal carcere. Ottenuto un regolare passaporto, il 5 luglio dello stesso anno ripartì per Reims. In Francia, riprese a svolgere attività antifascista fra gli emigrati. A Parigi promosse e diresse (nel 1927), il Gruppo antifascista imolese, costituito fra i fuoriusciti originari di Imola (al quale aderirono circa 70 anarchici, socialisti e comunisti), avente lo scopo (così affermò l'Ambasciata d'Italia a Parigi) «di condurre una campagna antifascista fra gli emigrati del circondario di Imola e di inviare opuscoli giornali e aiuti in denaro agli operai e contadini che risiedono a Imola e nel circondario». Espulso dalla Francia, nel novembre 1927 si trasferì in Belgio. Risiedette a Liegi e, poi, a Bruxelles, professandosi commerciante e svolgendo attività politica. Partecipò al Congresso dei delegati della Lega antifascista italiana in Belgio, tenutosi il 25 marzo 1928, nella casa del popolo di Challet; fece parte del direttivo del gruppo d'azione «Le Poing» di Bruxelles. Sul finire del 1928, venne espulso dal Belgio e riparò in Unione Sovietica, dove raggiunse il padre, (allora residente a Mosca). Lavorò per diverso tempo come meccanico e come nichelatore. A seguito della notizia, trasmessa dall'Ambasciata regia d'Italia nell'URSS, nel gennaio 1930, secondo la quale Andrea Marabini tra i fuoriusciti, affermava di essere stato costretto all'esilio politico nel 1913 (a seguito dell'episodio che si è già ricordato) e dopo l'avvento del fascismo al potere «tutte e due le volte per causa di Mussolini» (prima socialista, poi dittatore fascista), la polizia fascista lo ricercò attivamente. Dopo alcuni anni di permanenza in URSS, fu chiamato a far parte del «Kristintern» (organizzazione internazionale dei contadini). Divenne, poi, collaboratore e referendario dell'Istituto internazionale di agricoltura e dell'Istituto di economia mondiale. Scrisse diversi articoli, recensioni e saggi su problemi dell'agricoltura italiana e sulla situazione contadina nell'Italia fascista, che furono pubblicati su "Stato Operaio", "La difesa" e su periodici sovietici. Ebbe il diploma di candidato dall'Accademia delle Scienze di Mosca per la questione agraria. Passò quindi a lavorare al Comintern. Durante gli anni della seconda guerra mondiale, collaborò alla redazione di «Radio Milano Libertà», trasmessa da Ufa, affrontando i temi dei contadini e della campagna ai quali - come ha ricordato un altro redattore, Giulio Cerreti - «riusciva a conferire [...] un piglio di verità, tanto profonda era la sua conoscenza della mentalità dei braccianti e dei mezzadri». Per l'attività complessiva svolta durante il conflitto, il governo Sovietico lo insignì della «Stella rossa» per il contributo dato alla disfatta del nazifascismo. Tornò a Imola, dopo quasi 18 anni d'esilio, il 6 novembre 1945. [AR]